sabato 16 maggio 2009



Ieri pomeriggio presso lo spazio Stock del Salone del Libro di Torino si è tenuto il convegno dal titolo "Abracadabra Lucertolina: la dislessia e altri disturbi specifici dell'apprendimento" Durante l'incontro è stato presentato il libro di fiabe per bambini con DSA e non solo, scritto da me, Dobatella Rosa e Maria Giuliana Saletta. All'incontro sono intervenute anche Rosanna Gangi presidente territoriale AID Torino e Piera Quaglia, anch'ella dell'AID di Torino.

Qui di seguito vi posto il mio intervento che era più tecnico.

Donatella e Giuliana hanno invece raccontato la loro esperienza di madri di bimbi con DSA: le paure, le ansie, le frustrazioni che le famiglie e i bambini devono affrontare . Le autrici hanno anche dato dei suggerimenti, sperimenti sulla loro pelle, su come affrontare e far affrontare i bambini questa loro particolarità.

Le rappresentanti AID hanno descritto la funzione dell'associazione

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Buona sera a tutti, mi chiamo cristiana zucca, insegno nella scuola primaria di argentera, una frazione della direzione didattica di rivarolo canavese in cui mi occupo di dislessia e disturbi dell'apprendimento da circa tre anni. L'interesse e il coseguente studio di questo modo caratteristico di apprendere da parte di alcuni bambini e' nato quando mi sono ritrovata ad affrontare una situazione piuttosto complessa: nella mia classe era stato inserito un bambino con disturbi di apprendimento piuttosto gravi, non accettati dalla famiglia che ha tentato di ostacolare in tutti i modi la collaborazione che proponevano sia la scuola sia l'asl. Da quell'esperienza, dallo studio susseguito negli anni e dal confronto con alcuni colleghi che si occupano di dsa, sono arrivata ad alcune considerazioni che vorrei condividere con voi e che sono intrinseche nella favola di mirtillina.
L'esperienza mi ha insegnato che l'infornazione è il perno su cui ruota tutto l'intervento per e sui bimbi DSA. Se manca l'informazione manca la collaborazione, pertanto questi bimbi rischiano di trovarsi sempre più soli. La collaborazione dev'essere a 360°: scuola, famiglia, e opeartori socio sanitari. Ognuno deve superare paure e pregiudizi e seguire solo ed esclusivamente la propria professionalità anche nella consapevolezza che a volte la verità può accompagnarsi a qualche rischio.
Questo vale per tutti:per i genitori i cui sospetti possono essere sottovalutati e la cui preparazione/ informazione rischia di essere interpretata come ingerenza, presunzione o saccenza verso la scuola o la sanità;
gli insegnanti che potrebbero incorrere in ostilità da parte di genitori che faticano ad accettare l'esistenza di un problema perchè ogni mamma si aspetta che il suo bambino sia perfetto e di fronte a qualunque tipo di difetto entra in crisi e si mette in discussione, pertanto si creano delle dinamiche personali piuttosto complessi che se gestite nel modo sbagliato possono dare origine a dei conflitti piuttosto seri tra tutti gli attori in gioco (scuola/famiglia/ asl)
gli operatori asl che rischiano anch'essi ostilità e scarsa collaborazione da parte delle famiglie e della scuola.
Sono rischi , che se si presentano, devono essere affrontati, perchè al centro del processo educativo di ciascuno di noi, c'è il bambino. Un bambino che si trova spesso disorientato e impaurito, si sente solo perchè si rende conto che qualcosa non va, si percepisce diverso rispetto ai compagni perchè ha perfettamente coscienza di sè e sa riconoscere i suoi limiti e ancor di più gli insuccessi.Il bambino non vorrebbe mai deludere le attese degli adulti, primi fra tutti i genitori e quando questo avviene si scatenano delle dinamiche comportamentali che incidono sulla sfera emotiva e prestazionale. Il problema è che un bambino difficilmente riesce a dare un nome a ciò che gli accade interiormente e difficilmente riesce a non colpevolizzarsi perchè lui vorrebbe che mamma, papà, le maestre e perchè no, anche il pediatra, fossero fieri di lui, però percepisce che non è così perchè i bambini sanno leggere anche oltre le parole dette e scritte. è nostro compito di adulti intervenire al fine di accompagnare il bambino nella presa di coscienza delle proprie potenzialità rendendole punto di forza su cui agire.
Il bambino DSA dev'essere guidato per lungo tempo non solo nel processo di apprendimento e autonomia ma anche in quello relativo alla crescita emotiva/ psicologica. Molti bimbi DSA rischiano di diventare adulti fortemente depressi, se non correttamente accompagnati nel loro processo di crescita. Noi non dobbiamo permetterlo perchè è anche nell'interesse della società avere persone che stanno bene sia nel
corpo che nelle emozioni.
Che cosa può fare la scuola? La scuola deve innanzitutto formarsi e informarsi.
La formazione dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado perchè stando alle percentuali i bambini con DSA non sono un caso che forse può capitare in una classe piuttosto che in un'altra, ma sono sempre più una realtà frequente. Stando ai dati statistici in ogni classe potrebbe esserci almeno un bambino con disturbo o difficoltà di apprendimento, pertanto la formazione diventa una necessità di ogni ordine e grado perchè ogni insegnante dovrebbe poter individuare i segnali predittivi dei DSA. Segnali che possono comparire sin dalla scuola dell'infanzia ad esempio con un disturbo specifico del linguaggio, infatti l'80% dei DSL si sviluppano in DSA. Teniamo presente che sia i DSL
che i DSA hanno per lo più un'origine genetica pertanto un'anamnesi famigliare dovrebbe aiutare ad avere sospetti. CHiaramente alle insegnanti non spetta il compito di diagnosticare o meno la presenza di un DSL o di un DSA in quanto questi vanno valutati con appositi strumenti da personale sanitario qualificato quali logopedisti o NPI, ma la scuola può indirizzare le famiglie verso una prima valutazione che molte volte serve per tranquillizzare tutti quanti. Inoltre piùl'intervento è precoce prima è possibile abilitare il bamino dandigli quegli strumenti compensativi che gli possono permettere di apprendere le stesse cose dei compagni. Di fronte a un DSL l'abilitazione dovrebbe partire sin dalla scuola dell'infanzia. Nella scuola,primaria gli interventi dovrebbero proseguire per tutti e 5 gli anni al fine di fornire al bambino gli strumenti e le strategie indispensabili per un apprendimento sempre piu' autonomo. Solo uno specialista può progettare un percorso sinergico perchè solo lo specialista è in grado di valutare i progressi di un bimbo DSA in merito alla sua disabilità. La scuola deve anche conoscere quali strumenti può usare per migliorare e favorire il processo di apprendimento dei bimbi DSA. Gli insegnanti devono rendersi conto che va modificata la loro didattica e che non esiste una ricetta valida per tutti perchè ogni bimbo DSA è diverso dagli altri essattamente come lo sono i bimbi senza disturbo specifico.
L'insegnamento e la didattica devono essere elastici, flessibili, malleabili. E' necessario rispettare i tempi, gli schemi mentali, si va per tentativi ed errori perchè ciò che funziona per Pierino può non funzionare per Tizio. La scuola fornisce degli strumenti,degli schemi e delle strategie di studio, poi sarà il bambino a creare un proprio processo mentale, un proprio schema mentale. La scuola deve anche
conoscere le leggi, deve sapere quali sono i diritti degli alunni DSA,quale il diritto di avere piu' prove orali rispetto a quelle scritte, soprattutto
nella lingua straniera. Il diritto di avere tempi più lunghi per sostenere una verifica o una prova d'esame. Il diritto di usare il pc con correttore ortografico o con sintesi vocale. Il diritto di avere i
sussidiari parlati. Il diritto di avere una valutazione sul contenuto distinta da quella ortografica...il diritto di poter usare strumenti dispensativi quali la tavola pitagorica o dei mesi...Infine c'e' da tener presente che tutte le startegie adatte per i DSA sono adattabili a tutta la classe. Si può partire presentando a tutti l'uso della tavola pitagorica
per fare le x, ma poi gli altri se ne staccheranno man mano che acquisiranno l'automatismo delle tabelline e il fatto che Pierino continui ad usarla non
costiutuirà elemento di discriminazione.
La scienza medica del settore non fa solo un distinguo tra i vari DSA ma specifica che oltre ai DSA possono esserci dei DDA cioè delle difficoltà di apprendimento. A parer mio ciò che deve importare agli insegnanti è che i DSA non acquisiranno mai gli automatismi,quindi Pierino non imparerà mai le tabelline e avrà sempre bisogno della calcolatrice per contare o del correttore ortografico, questo anche quando sarà un medico di fama mondiale. I DDA acquisiscono gli automatismi quindi Tizio un bel giorno imparerà a usare le tabelline e a contare senza l'uso della calcolatrice e sapra' scrivere acqua finalmente col cq!
Agli insegnanti soprattutto della primaria, da un punto di vista metodologico, non deve importare a quale categoria appartiene il proprio bimbo perchè le strategie e le metodologie che si usano per i
DSA vanno bene anche per i DDA e i piu' bravi della classe.













2 commenti:

  1. Salve sono una mamma di un bimo dichiarato in prima media dislessico grave ,la mia domanda e' per dichiarare che un bambino di 12 anni e' dislessico grave e' dichiarabile solo dai test o c'e' bisogno di una tac per vedere se e' un problema di nascita? e se invece il bambino ha solo una difficolta' dell'apprendimento e no un disturbo come si fa a definirlo ? La ringrazio per la risposta in anticipo

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  2. IL DISTURBO si diagnostica con test specifici. Se un bambino ha solo una difficoltà dovrebbe arrivare ad acquisire gli automatismi, cosa che non avviene quando c'è un disturbo. A parer mio le tecniche didattiche e metodologiche che si adottano per i DSA vanno benissimo anche per DDA (ddificoltà di apprendimento)

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