giovedì 13 maggio 2010

TAVOLA ROTONDA A PONT SAINT MARTIN



Mercoledì 12 maggio 2010, all'interno della 13° Festa del libro di Pont Saint Martin si è tenuta una tavola rotonda dal titolo " Imparare, Insegnare, si può fare". Sono intervenuti il Prof Floris, ispettore all'istruzione della Valle d'Aosta che ha presentato il suo libro dal titolo "Insegnanti allo specchio: come crescere professionalmente riflettendo sul proprio agire concreto".
La dottoressa, logopedista, Rosotti; la professoressa/mamma M Caterina Piccolo e l'insegnante, referente per i DSA della direzione didattica di Rivarolo Zucca Cristiana.
La tavola rotonda è stata coordinata dalla presidente AID dott.ssa M Grazia Lumetta.

Vi posto, qui di seguito, gli argomenti del mio intervento, vi parlerò anche delle bellissime cose dette dalla dott.ssa Rosotti, persona davvero competente nel suo campo e le emozioni manifestate da una mamma di bimbo DSA, la prof Piccolo, che sono le emozioni di tutte noi mamme .
Per quanto riguarda l'intervento del Prof. Floris preferisco aprire una discussione a parte, soprattutto dopo che avrò letto il suo libro al fine di poter affrontare in modo adeguato l'argomento.

La dottoressa Lumetta mi ha posto le seguenti domande:

  1. QUELLA DEL REFERENTE PER LA DISLESSIA E' UNA FIGURA DI RECENTE ISTITUZIONE, CI PUÒ SPIEGARE QUAL E' IL SUO RUOLO FUORI E DENTRO LA SCUOLA?

La figura del referente per la dislessia risale al 2004, quando il progetto ha preso il via da una regione pilota, l'Emilia Romagna. Questa regione ha messo a punto una prima formazione individuando all'interno delle istituzioni scolastiche, di ogni ordine e grado, degli insegnanti in grado di sostenere e portare avanti il ruolo di questa nuova figura professionale.

Nel 2005 altre 5 regioni hanno seguito l'esempio dell'Emilia Romagna:il Veneto, la Lombardia,

la Basilicata , la Puglia e la Sicilia.

Infine, nel 2006 il progetto è stato esteso a tutte le restanti regioni italiane.

La formazione consisteva in due incontri in presenza, iniziali che , in seguito , avrebbero dato l'accesso alla formazione online, ossia alla piattaforma INDIRE, luogo di scambio e confronto tra referente dell'intero territorio nazionale. Purtroppo non tutti i dirigenti hanno individuato in tempo utile i referenti, pertanto si sono verificati casi in cui il referente è stato nominato, all'interno della propria istituzione scolastica, solo a formazione iniziata, se non addirittura conclusa. In questo caso è stata data la possibilità di formarsi attraverso la partecipazione a corsi, convegni, tavole rotonde sull'argomento dislessia, per un totale di 12 ore. Al termine dl percorso l'AID di Bologna ha sottoposto ai potenziali referenti un questionario di valutazione al fine di verificare le loro competenze e poter confermare il ruolo ad essi assegnato, inserendoli in una lista nazionale dei referenti per i DSA.

Il referente ha dei compiti ben precisi, definiti dalle stesse note ministeriali:

prima di tutto è un punto di riferimento strategico per le richieste di counseling da parte dei colleghi.

All'inizio le richieste di counseling erano piuttosto scarse in quanto la maggior parte degli insegnanti non aveva ancora preso consapevolezza della nuova realtà, ossia del fatto che il 5% degli alunni che vanno male a scuola hanno, in realtà, un disturbo specifico dell'apprendimento, cioè un modo paricolare di accedere ai processi cognitivi che stanno alla base dell'apprendimento. Gradualmente la consapevolezza si è fatta più forte ed è iniziata una vera collaborazione tra gli insegnanti e il referente.

Insieme si valuta la reale necessità di invio di un bambino ai servizi sanitari, si concordano i sistemi di comunicazione più adatti per informare la famiglia dell'esistenza di un problema che non dev'essere sottovalutato o trascurato ma affrontato nella giusta misura. Col referente si cercano le strategie migliori affinché la famiglia venga sostenuta, rassicurata, accompagnata in questo cammino.

  • il referente ha anche il compito di promuovere la formazione e all'aggiornamento. In realtà questo si compito si va a scontrare con la realtà economica del momento dove le risorse sono sempre meno e le scuole si trovano spesso costrette a fare delle scelte di formazione. Pertanto si vengono a creare situazione in cui ci sono direzioni didattiche che investono sulla formazione dei docenti su come affrontare metodologicamente e didatticamente la dislessia e i DSA ad essa correlati, e scuole che danno la priorità ad altro. Molto spesso, di fronte alla mancanza di fondi, il referente si improvvisa un po' formatore dei colleghi mettendo a loro disposizione il proprio sapere, i propri materiali in questo campo. Nel contempo ha il dovere di informarsi su formazioni, convegni, tavole rotonde esterne alla propria realtà. Nel nostro territorio c'è il Rotary club che puntualmente organizza degli incontri sul tema della dislessia.

  • altro compito del referente è quello di tenere i contatti con gli operatori sanitari del bambino, di solito logopediste e psicologhe dell'asl e con la famiglia.

La famiglia ha davvero bisogno di essere sostenuta, ascoltata e capita. La famiglia ha bisogno di capire che la scuola frequentata da suo figlio è una scuola sensibile al problema, preparata e in grado di mettersi in gioco e in discussione. Una scuola rigida e ferma sulle proprie idee, presuntuosa del proprio sapere, è una scuola dannosa per la crescita di un bambino DSA. La presenza di un referente dà sicurezza perché laddove c'è un referente ci sono un dirigente e una scuola sensibili al problema della dislessia.

La collaborazione con gli specialisti che hanno in carico il bambino è fondamentale per mettere a punto una strategia adeguata d'intervento e abilitazione. Io, in qualità, di referente, ho consultato alcuni operatori della nostra ASL per quanto riguarda la formulazione del PEP da presentare nella nostra scuola.

2. LA REGIONE PIEMONTE HA EMANATO UNA CIRCOLARE, LA 326, CE NE VUOLE PARLARE?

La 326 è una circolare emanata il 30 ottobre del 2009 in seguito a un confronto tra Regione e USR in cui ci si è resi conto di come i casi di disturbo specifico sono in aumento, si è discusso sul fatto che i DSA hanno un'origine di tipo neuro biologico, pertanto non si può guarire da un DSA ma si possono trovare strategie adeguate per sfruttare le peculiarità del disturbo.
La 326 esplicita quanto già raccomandato dalle note ministeriali, ossia l'uso di strumenti dispensativi e compensativi per alunni con disturbo specifico, consiglia la compilazione di un PEP che è obbligatorio per le disabilità ma è solo consigliato per i disturbi specifici, però la 326 ribadisce l'importanza di questo documento a tutela del bambino, inoltre consiglia la compilazione della scheda tecnica che altro non è che una sintesi del percorso descritto all'interno dle PEP. La scheda tecnica è importante per la famiglia perchè permette loro di accedere a delle agevolazioni fiscali .
Poco prima che la circolare venisse emanata il collegio docenti della nostra scuola aveva approvato la mia proposta di rendere obbligatoria la compilazione del PEP per gli alunni che sarebbero passati all'ordine di scuola successivo al fine di tutelarli nel passaggio . Nel PEP avremmo descritto gli obiettivi da raggiungere, le metodologie e le strategie adottate, le modalità di verifica e valutazione , oltre al patto formativa concordato con la famiglia. Poiché la situazione del DSA è nuova per la scuola avevo pensato di affrontare gradualmente tutti gli aspetti, partendo dalle classi in cui i bambini avevano maggior bisogno di essere sostenuti e tutelati. Per le altre classi il PEP, a parer mio , non era, al momento, così fondamentale perché le insegnanti di classi conoscevano il loro bambino e il percorso fatto e da fare.
La circolare, alla fine, ha dato un taglio più netto e a quel punto ci siamo adeguati ed uniformati
3. NELLA SUA CARRIERA SCOLASTICA AVRÀ CERTAMENTE AVUTO, TRA I SUOI ALUNNI, BAMBINI CON UN DISTURBO SPECIFICO DELL'APPRENDIMENTO, CHE TIPO DI APPROCCIO PSICO PEDAGOGICO HA MESSO IN ATTO AFFINCHÉ' CI FOSSE UN BUON INSERIMENTO NEL GRUPPO CLASSE?

Prima di tutto l'insegnante deve liberarsi da ogni pregiudizio, solo in questo modo riuscirà a condividere in modo adeguato il dono della dislessia coi suoi alunni. Bisogna far capire che ognuno di noi ha delle individualità che vanno rispettate, la stessa cosa vale per l'apprendimento: non tutti impariamo allo stesso modo!
Le metodologie utilizzate per i DSA sono adeguate per l'intero gruppo classe. Ad esempio, ai miei alunni, ho fatto creare un quadernino che raccoglie formule e schemi utili per l'apprendimento della disciplina che insegno, allo stesso modo ha fatto al collega che insegna italiano. Questo quadernino altro non è che una raccolta di strumenti compensativi creati dai e coi bambini stessi. Ogni alunno, può utilizzare lo strumento durante lo svolgimento degli esercizi individuali o collettivi, oppure durante i compiti assegnati a casa, sanno che posso consultarlo fino a quando non si sentono sicuri e autonomi. Molti bambini lo abbandonano in breve tempo, altri ci impiegano un po' di più, mentre gli alunni con disturbo specifico continuano ad utilizzarlo anche durante le normali verifiche ma ciò non scandalizza i compagni i quali hanno imparato a conoscere e accettare le peculiarità di ognuno. Un altro sistema per aiutare i bambini a superare le loro difficoltà nello studio e il conseguente senso di inadeguatezza, è quello di guidarli nella costruzione delle mappe concettuali molto importanti durante l'apprendimento di una disciplina di studio e durante il ripasso. Spesso i libri di testi sono complicati nella struttura della frase pertanto viene semplificata e il lessico spiegato più volte. Altro supporto sono le domande guida per lo studio. Con queste strategie il bambino, generalmente, riesce ad ottenere buoni risultati e poichè sono strumenti che vengono forniti e richiesti anche agli altri, non si sente diverso o escluso dalla consueta attività didattica.

4. ABRACADABRA LUCERTOLINA E' ANCHE UN LIBRO TERAPEUTICO CHE AIUTA GRANDI E PICCINI A COMPRENDERE MEGLIO COSA SONO I DSA, PUO' RACCONTARCI COM'E' NATA L'IDEA DEL LIBRO E COM'E' STRUTTURATO?

Abracadabra è nato nel 2009 in seguito a un confronto con l'editrice di Mammeonline. Ci conosciamo da tempo e abbiamo collaborato alla pubblicazione di altri libri sempre inerenti le tematiche dell'educazione e della famiglia. Un giorno, confrontandoci sulla nostra esperienza, la mai di referente e insegnante e la sua di madre, ci è venuta l'idea di scrivere un libro che aiutasse i bambini a sentirsi meno soli, meno diversi, meno emarginati e gli adulti a superare i tanti pregiudizi che ancora ci sono attorno all'incapacità di andare bene a scuola. La finalità prima del libro, quindi, è quella di abbattere l'ignoranza che c'è intorno ai DSA facendo capire a grandi e piccini che avere un disturbo specifico è una caratteristica personale come può esserlo la miopia.
All'interno del libro c'è un inserto per gli adulti che si occupano dei bambini con indicazioni molto più teoriche e riferimenti a siti e normative vigenti.

5. OGNI BAMBINO HA UNA SUA INDIVIDUALITA' E CONSAPEVOLEZZA , LO STESSO VALE PER I BAMBINI CON DSA. HA AVUTO MODO DI CONOSCERE REALTA' DIVERSE? COME SI E' COMPORTATA CON ALUNNI CHE NON ACCETTAVANO IL PROPRIO DISTURBO SPECIFICO E COME CON QUELLI CHE MANIFESTAVANO UNA BUONA CONSAPEVOLEZZA ?

Attualmente, nelle due classi in cui insegno sono inseriti tre bimbi con DSA diagnosticato. Due sono perfettamente consapevoli e hanno accettato la loro caratteristica, tanto che il primo giorno di scuola di uno di questi che chiamerò TITO, si è presentato ai compagni dicendo "ciao sono Tito ho la dislessia che non è una dislessia" lì per lì mi ha spiazzata e lasciata letteralmente senza parole perchè la sua consapevolezza era davvero disarmante, è poi arrivato da me con due calcolatrici giganti dicendo "sai cosa sono queste? Sono due calcolatrici ed io le devo usare perchè sono discalculico" In realtà Tito, che proveniva da un'altra realtà, voleva mettere subito in chiaro le cose, era come se volesse autotutelarsi, come se volesse stipulare un patto non scritto con insegnanti e compagni. Con lui, grazie all'accettazione della difficoltà, è stato facile lavorare e la calcolatrice non l'ha mai usata perchè è riuscito a farcela senza. In Tito ho visto tantissima buona volontà, l'ho visto rinascere a ogni successo conquistato.
Nell'altra classe, invece, è arrivato un bambino che non ha mai voluto accettare il suo disturbo. Un bambino caparbio, deciso, determinato, irremovibile sulla sua decisione. Non è servito a nulla parlare dei grandi dislessici come Leonardo o Tom Cruise. Gli ho dato il libro di Abracadabra Lucertolina da leggere per fargli capire che non è solo (cosa che lui credeva e crede ancora) ma è servito a poco. Non ha mai accettato di usare uno strumento, nemmeno quando il resto dei compagni li usavano tranquillamente, non ha mai voluto tempi più lunghi. A quel punto abbiamo escogitato altri sistemi, ad esempio abbiamo fatto dei cartelloni con i formulari in modo che potesse usarli con discrezione, durante le verifiche sapeva che poteva venire a chiedere aiuto ed io mi comportavo come uno strumento compensativo limitandomi a farlo riflettere sul suo dubbio o sull'eventuale errore. Ovviamente si concedeva anche agli altri di venire a chiedere informazioni o aiuto durante le verifiche me il nostro intervento era calibrato in base alla caratteristica de bambino che avevamo di fronte.
Entrambi gli alunni sono riusciti a raggiungere dei buoni risultati anche dal punto di vista comportamentale, infatti entrambe le famiglie le lamentavano atteggiamenti incontrollabili, disturbi dell'appetito, del sonno e caratteriali. Da noi non si sono mai verificati episodi fuori da quella che è la normalità per un bambino di 10 anni

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Dopo il mio intervento c'è stato quello della dottoressa Rosotti, logopedista privata di San Vincent che ha in carico diversi alunni della bassa Valle d'Aosta e che collabora attivamente con le scuole. La filosofia e la metodologia della Rosotti mi hanno davvero affascinata. Lei, come persona, è rassicurante, dolce e pacata. Molto competente e professionale.
La dottoressa sostiene che troppo spesso si tende a medicalizzare i DSA con interventi psicologici e lunghe sedute terapeutiche. In realtà il logopedista deve essere un supporto per scuola, famiglia e bambino (o ragazzo o adulto DSA), dopo una prima analisi della difficoltà e l'individuazione dei punti di forza e debolezza deve fornire gli strumenti adatti affinchè il bambino sia in grado di compensare e divenire autonomo. Attraverso un buon lavoro sulla metacognizione sarà in grado di comprender da solo quando ha bisogno dell'aiuto dello specialista per "sbloccare" i bypassare una difficoltà. Ovviamente il percorso per arrivare a una tale consapevolezza e di autonomia è lungo, per questo è molto importante individuare precocemente il problema. L'intervento tecnico diretto si attua solo nel momento di maggiore criticità.
Una volta che lo specialista ha capito e individuato il tipo di particolarità del DSA calibra lo strumento. Gli strumenti non sono uguali per tutti indistintamente perchè c'è il bambino che può aver bisogno della calcolatrice e quello che è in grado di usare delle strategie per cui la calcolatrice non diventa indispensabile. C'è il bambino che può non volere di essere dispensato dalla lettura ma in questo caso bisogna fare un buon lavoro sulla metacognizione e sulla classe affinchè le sue difficoltà non vengano derise ma accettate.
C'è poi tutto un lavoro di intervento indiretto finalizzato a capire , da parte della famiglia e della scuola, quando si presenta il momento critico, in modo da poter intervenire in modo adeguato.
Per quanto concerne gli strumenti compensativi questi devono essere adattati al bambino che abbiamo davanti. I testi vanno adattati da un punto di vista linguistico in quanto, molto spesso, hanno frasi articolate e complesse.
Che cosa fare di fronte a un bambino he presenta serie difficoltà nella memoria a breve termine? Prima di tutto è necessario adattare i materiali usando molte immagini, accorciando i testi da studiare, taglaindo tutto ciò che risulta superfluo.
Bisogna monitorare i momenti di confusione, i segnali principali sono la distrazione, lo sguardo perso.
L'arriccjimento lessicale è molto importante per lo sudio, spesso questi bambini presentano una povertà nel lessico legata proprio alla difficoltà di trattenere nella memoria le informazioni. I bambino può essere aiutato attraverso una conversazione guidata; utilizzando tante domande per guidarlo ad esprimere i concetti che ha nella testa; uso di molte parafrasi: " come potremmo dire questa cosa in un altro modo?"

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Dopo l'intervento della Rosotti c'è sttao quello di una mamma professoressa, la dottoressa Piccolo che ha raccontato della sua esperienza di madre di un bambino gravemente disgrafico e di come la scuola non abbia mai avuto l'umiltà di un confronto e una collaboraizone con la famiglia. La dottoressa ha ribadito più volte quanti è importante che la scuola si metta in un atteggiamento di ascolto verso la famiglia perchè i genitori sono coloro che maggiormente conoscono il bambino soprattutto da un punto di vista psicoemotivo. La dottoressa ha anche ribadito che il suo è il racconto di una madre che ha visto sua figlio soffrire giorno dopo giorno, perdere la fiducia ins e stesso, odiare a scuola....ma ha ribadito che esistono, comunque, insegnanti consapevoli e attenti che hanno la capacità di essere empatici e la professionalità di mettrersi in gioco modificando la propria metodologia, seguendo le indicazioni della famiglia, costruendo con la famiglia stessa un percorso adeguatro per il bambino, purtroppo la dottoressa e suo figlio non hanno avuto la fortuna di incontrare insegnanti così.

4 commenti:

  1. interessante! complimenti. All'I.C. Spotorno stiamo sperimentando l'inserimento del PC classmate quale quaderno/libro informatico nelle classi 4^ primaria e 1^ secondaria, proprio perchè ci siamo resi conto che l'utilizzo dello strumento compensativo che è fondamentale per i DSA può diventare una utile risorsa per gli altri e tutti utilizzano le mappe concettuali! lo strumento non divide ma unisce.

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  2. Grazie :O) Ci tieni informati su come procede la vostra sperimentazione?

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  3. finalmente sento parlare della dislessia da una insegnante. io sono arrabbiata con tutta quella gente che sta facendo della dislessia l'affare del secolo.
    io sono una logopedista, referente della dislessia nella mia scuola, insegnante di sostegno per dieci anni, ora insegnante nelle classi comuni.
    la dislessia trattata in classe degnamente "sfuma"; ma dove sono i docenti che conoscono gli stili di apprendimento e le varie metodologie di approccio epistemologico-didattico?

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  4. I docenti che conoscono gli stili di apprendimento sono pochi perchè essi vengono insegnati nei corsi di specializzazione (come abbiamo frequentato noi per insgenanre sul sostegno....), in qualche corso di aggiornamento che non tutti frequentano e neli corsi universitari frequentati dai giovani....Oggi il tutto viene lasciato alla buona volontà del singolo e molti credono che insegnare sia passare semplici nozioni. Insegnare a chi non ha difficoltà è semplice, la vera sfida sta nell'insgenare a chi ha stili di apprendimenti fuori dal comune, ma si sa che per molti è molto più semplice compatire e umiliare chi non ce la fa piuttosto che mettersi in dicussione trovando e provando sistemi diversi ed efficaci

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