VOTA QUESTO SITO

ALCUNE INFORMAZIONI SU DI ME

La mia foto
Torino , Italy
Da 13 anni sono referente per la dislessia, da 3 Funzione Strumentale per l'inclusione del mio istituto. Insegno da 26 anni nella scuola primaria. Dal 2019 collaboro con l'associazione O.S.D a.p.s ( Organizzazione a Sostegno dei Disturbi dell'età evolutiva) come referente per il Piemonte e la Valle d'Aosta ( osdpiemonte@gmail.com ) Sono autrice della favola "Lucertolina e Mirtillina" del libro per bambini sui DSA "Abracadabra Lucertolina". Alcune mie favole sono state pubblicate in altri due libri per bambini editi dalla casa editrice Mammeonline; curo il forum D.S.A su un sito per mamme;ho relazionato ad incontri e convegni sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ho presentato il libro sui D.S.A, di cui sono coautrice, al Salone del Libro di Torino. Ho conseguito la specializzazione polivalente presso l'Istituto G Toniolo di Torino, con il massimo dei voti.

lunedì 12 agosto 2013

La strada verso l'inclusività è ancora lunga

Oggi mi trovavo presso una zona attrezzata della Valle d'Aosta, una di quelle immerse tra gli abeti, con i tavoli in legno per i picnic e i giochi per i più piccoli. Ad un certo punto, mentre ero immersa nella lettura dell'ultimo libro di Brunonia Barry, la mia attenzione è stata catturata dai battibecchi di un gruppo di ragazzini appoggiati a un ponte tibetano per piccoli. Il gruppetto era formato da due maschi e due femmine sui 10 anni. Uno di questi ragazzini era caratterialmente più mite e fragile degli altri 3 i quali, hanno occupato il loro tempo a schermirlo improvvisando "un esame di stato" . I 3 bambini hanno iniziato a subissarlo di domande "Quanto fa 5 X 9? E 8 X 7? E 4 x 5? " L'altro era in evidente imbarazzo in quanto non sapeva dare la risposta o, comunque era troppo lento nel recuperare i dati nelle sua memoria a lungo termine. Ad un certo punto una delle bambine, con tono saccente e antipatico ha iniziato a fargli la morale con frasi fatte che di certo aveva sentito ripetere dagli adulti :" le tabelline sono la base di tutta la matematica, se non le sai come pretendi di andare avanti?" Erny (nome di fantasia del bimbo in difficoltà) era sempre più imbarazzato quando l'altro maschietto ha continuato a tormentarlo chiedendogli quale fosse la valutazione in matematica sulla scheda di valutazione. Erny, sorridendo e cercando di riscattarsi agli occhi degli improvvisati compagni di giochi, ha risposto che in matematica aveva 9. Questo ha scatenato una fragorosa risata nei tre bulli (perché di questo si tratta) che hanno insistito volendo sapere anche la votazione in italiano. Erny ha confermato di essere bravo anche in italiano, allora i bambini hanno continuato a subissarlo di domande d'italiano "Bene, allora dicci cos'è il soggetto? Qual è la differenza tra predicato verbale e nominale? ...." Erny sorrideva  e non rispondeva. Il tutto è andato avanti fino a quando non sono arrivati altri bambini a proporre di giocare a nascondino.

L'episodio è senza dubbio spunto per molte riflessioni.

 Oltre agli atteggiamenti da bulli dei 3 ragazzotti c'era anche un'evidente mancanza educativa da parte degli adulti: scuola e famiglia. Entrambe sono state incapaci a sensibilizzare i bambini all'accettazione della diversità. Diversità che non è solo macroscopica e palesata in deficit fisici o cognitivi, ma anche sottile, evidente nelle piccole cose. La scuola non ha certamente educato all'accettazione delle difficoltà.

 Per quanti sforzi si stiano facendo da molti anni a questa parte per il riconoscimento di un adeguato diritto allo studio di chi ha processi mentali fuori dalla consuetudine, resta il forte ostacolo del pregiudizio ancora radicato in molte mentalità in quanto getta le sue radici nell'ignoranza nell'errata convinzione che per essere o apparire intelligenti si debbano conoscere tutte le tabelline, le funzioni logiche e grammaticali del discorso, le date storiche, le capitali e le bandiere di tutti i Paesi della Terra....
Non si pretende che la gente comune abbia nozioni di neurobiologia, di processi cognitivi e stili d'apprendimento, si chiede semplicemente che chi ha un ruolo educativo EDUCHI i più piccoli ( e non solo) al rispetto delle peculiarità di ogni singolo individuo soprattutto se al di fuori di schemi prestabiliti.
 Solo quando i docenti, TUTTI i docenti, e le famiglie metteranno davvero in atto questi processi educativi allora potremo considerare davvero avviato il processo di inclusività e di diritto allo studio per chiunque, soprattutto nell'ottica delle buone pratiche e delle metodologie copperative.

venerdì 9 agosto 2013

cose da fare a settembre

1: Con l'inizio del nuovo anno scolastico i docenti dovranno, per prima cosa, somministrare le prove d'ingresso da cui sarà possibile capire se le difficoltà dei bambini con DSA hanno subito qualche cambiamento, se hanno migliorato l'autonomia nell'uso degli strumenti e qual è il loro grado di compensazione.
Da tali prove potranno anche emergere nuovi casi di alunni con difficoltà.
Per quanto riguarda questi ultimi si procederà con l'attività di potenziamento/recupero per stabilire se si manifesta una resistenza all'apprendimento e quindi si è di fronte a un potenziale disturbo, qualora ciò non avvenga e il tutto si risolva si era solo di fronte a una difficoltà.

2: Nel caso di alunni con diagnosi di DSA o BES si dovrà procedere alla stesura del PDP entro il mese di dicembre. Ricordo che da quest'anno TUTTI i bambini che manifestano un qualunque disturbo o uno svantaggio di tipo socioeconomico, culturale e linguistico hanno diritto al PDP. I modelli si possono ritirare presso la segreteria delle scuole. Al momento non è ancora stato pubblicato il modello previsto dall'USR Piemonte, unico per tutti gli istituti della regione. E' probabile che avvenga con l'inizio del nuovo anno scolastico.
Una volta compilato il PDP dev'essere condiviso con la famiglia. A dire il vero la normativa prevede che la stesura avvenga insieme  ma per una questione di praticità prima la scuola lo prepara, poi lo discute con i genitori apportando eventuali modifiche. Il PDP è un documento flessibile che può essere modificato anche in corso d'anno qualora si verificassero delle condizioni tali che richiedano di cambiare procedure e uso degli strumenti. Il cervello è un organo plastico pertanto i processi di apprendimento possono variare in qualunque momento.
Per modificarlo basta richiederlo alla segreteria previo accordo con la famiglia.

3:Le diagnosi che dovessero arrivare, sia quelle nuove che quelle rivalutate, devono essere depositate in segreteria. Le famiglie, spesso ne consegnano una copia anche ai docenti, ma essendo dati sensibili non vanno tenuti in mezzo al registro o in luoghi accessibili a chiunque, pertanto il posto più sicuro è il fascicolo personale del bambino archiviato nelle segreterie.

4: il docente può prendere visione della diagnosi in qualunque momento, annotando le raccomandazioni date dagli specialisti. La diagnosi è fondamentale per la stesura del PDP.
Naturalmente piò accedere a questo documento solo ed esclusivamente se la famiglia ne ha dato il consenso. Ci sono stati casi in cui la famiglia ha depositato il tutto in segreteria ma non ha voluto che i docenti ne prendessero visione!!Pertanto è necessario che al momenti della consegna la segreteria si faccia rilasciare l'autorizzazione. A questo punto i docenti potranno essere invitati dalla segreteria a prendere visione di tutta la documentazione depositata.
Per quanto riguarda i docenti del I grado, se sanno della presenza di alunni DSA di cui non è ancora stata depositata la diagnosi non possono chiederla né alla segreteria della scuola primaria, né ai docenti dell'ordine di scuola inferiore, ma devono cercare di "sondare il terreno" con al famiglia, in quanto è possibile che quest'ultima non abbia intenzione di ripresentarla, oppure, più semplicemente, non sapeva che spettava a lei farlo. Nel caso d'istituti comprensivi le regole non cambiano, anche se la segreteria è unica è la famiglia che deve autorizzare il passaggio della documentazione

5: Per gli alunni che frequentano la 5^ primaria o la 3^ del I grado, è necessario che i docenti facciano firmare ai genitori, sin dai primi giorni di scuola, l'autorizzazione a discutere del caso con i colleghi del grado superiore.

6:Le diagnosi possono essere depositate in qualunque periodo dell'anno ed entro aprile è possibile redigere il PDP (ma solo per quelle nuove).

7: I docenti, dopo le prove d'ingresso dovranno contattare gli specialisti che hanno in carico il bambino per stabilire un piano d'azione per il nuovo anno scolastico. Ricordo che gli specialisti possono essere contattati solo ed esclusivamente se la famiglia ne ha dato autorizzazione, anche in questo caso conviene farsi rilasciare due righe!

8:Qualora dalle prove d'ingresso dovessero emergere delle difficoltà che non si modificano con l'attività di recupero/potenziamento il docente è deontologicamente tenuto ad applicare tutte le metodologie e gli strumenti proposti dalla L.170 anche se non è ancora stata depositata alcuna diagnosi. Il genitore non potrà mai contestare la metodologia e l'uso di strumenti per il raggiungimento degli obiettivi in quanto fanno parte della libertà d'insegnamento, soprattutto se questi vengono motivati da un punto di vista pedagogico e scientifico (si faccia riferimento a tutti gli studi che hanno portato alla stesura della L.170) Inoltre la recente normativa sui BES invita TUTTI i docenti a seguire la suddetta procedure, condannando chi attende di avere in mano un pezzo di carta prima di affrontare in modo adeguato la difficoltà.

mercoledì 7 agosto 2013

Riflessioni sulla discalculia in seguito alla lettura del libro "La discalculia e le difficoltà in aritmentica"

Le abilità matematiche vengono automatizzate più tardi rispetto a quelle linguistiche, questa la ragione per cui i test per la valutazione della discalculia vengono somministrati non prima della 3^ primaria. Esistono, però, segnali predittivi rilevabili sin dalla scuola dell'infanzia e tipologie di errori che si presentano dalla 1^ primaria che è necessario conoscere e su cui è necessario agire precocemente.
Questa tipologia di errori è ben descritta nel libro " La discalculia e le difficoltà in aritmetica" di D Lucangeli. Il libro è indirizzato ai docenti della scuola primaria e presenta una serie di schede didattiche con indicazioni pratiche per la somministrazione, oltre a un cd rom da cui scaricarle e indicazioni per l'uso della LIM.

In seguito alla lettura ho pensato di creare una tabella in cui indicare gli errori tipici in aritmetica e che vanno verificati all'inizio di ogni anno. Se c'è una caduta in uno o più di questi, allora si parte col potenziamento/recupero.
Come indicato nel libro, il recupero/potenziamento deve durare non meno di 2 mesi, le attività devono essere individualizzate (cioè pensate a misura del bambino che stiamo recuperando), atte al superamento della difficoltà. Se al termine di questo periodo non c'è stato alcun miglioramento o comunque minimo, si parla di resistenza al cambiamento, ossia si può iniziare a pensare alla presenza di un disturbo e consigliare alla famiglia di rivolgersi a uno specialista.

L'insegnante, prima di tutto, deve condurre un'osservazione e verificare se sono stati acquisiti i processi che stanno alla base dell'intelligenza matematica. Lucangeli indica:

PROCESSI DI CONTEGGIO (si possono verificare sin dalla scuola dell'infanzia)
- sa contare in senso progressivo e regressivo secondo al regola +1 e -1?
- sa applicare la corrispondenza 1 a 1?
- riconosce la cardinalità del numero?

PROCESSI LESSICALI
- sa attribuire il nome ai numeri?

PROCESSI SEMANTICI
- comprende il significato dei numeri attraverso rappresentazioni menali

PROCESSI SINTATTICI
-comprende la posizione delle cifre?

CALCOLO MENTALE
- è in grado di comporre e scomporre i numeri per calcolare?
- è in grado di raggruppare le cifre?
- è in grado di arrotondare alla decina?
- conosce le proprietà delle 4 operazioni?
è in grado di recuperare e utilizzare i fatti numerici?

Il calcolo mentale è molto importante perché può sveltire le procedure che portano al risultato. E' necessario dedicare molto tempo all'allenamento di questa competenza che può essere applicata anche nel calcolo in colonna.
Il calcolo scritto dovrebbe essere utilizzato solo per operazioni piuttosto difficili per le quali è necessario un supporto cartaceo. All'inizio, al fine di interiorizzare le procedure del calcolo mentale è necessario scrivere i passaggi e verbalizzarli affinché la ripetitività possa aiutare il consolidamento

Dopo aver osservato i processi mentali è necessario analizzare il tipo di errore commesso.

ERRORI DI RECUPERO DEI FATTI NUMERICI il bambino presenta delle difficoltà nel calcolo scritto e numerico

ERRORI NEL MANTENIMENTO E NEL RECUPERO DELLE PROCEDURE il bambino non applica semplici regole per arrivare al risultato, ad esempio non sa utilizzare le proprietà delle 4 operazioni per semplificare e velocizzare il calcolo. Non mantiene in memoria i risultati parziali

ERRORI NELL'APPLICAZIONE DELLE PROCEDURE l'alunno incolonna male, non ha interiorizzato la corretta posizione delle cifre, calcola partendo dalla cifra sbagliata, ha difficoltà nell'uso di prestiti e riporti. Non capisce quando è necessario cambiare procedura, cioè se ha eseguito le prime operazioni con il riporto e le successive non lo vogliono, lui continuerà ad applicarlo.

Per essere certi che non c'è automatizzazione e quindi il rischio di un disturbo specifico è  necessario accertarsi che certe abilità siano state insegnate in modo approfondito dando il tempo al bambino di interiorizzarle. Una prestazione appena insegnata potrebbe dare dei risultati negativi in quanto ancora non del tutto automatizzata. Pertanto, di fronte all'errore l'insegnante deve chiedersi se ha insegnato le procedure in modo corretto ed adeguato alla capacità di apprendimento dell'alunno, se sono stati fatti esercizi di consolidamento sufficienti per automatizzare.

Non bisogna assolutamente dimenticare la differenza tra DIFFICOLTA' e DISTURBO. La prima può dare delle deviazioni simili al disturbo, anche  in seguito alla somministrazione degli screening di primo livello, ma in seguito al recupero/potenziamento si risolve. Il DISTURBO non si risolve, ma può essere by passato con l'applicazione di una didattica personalizzata (uso di strumenti...) o con l'autocompensazione. Il disturbo emerge sempre alle valutazioni diagnostiche, anche se ben compensato, ragione questa per cui è possibile individuare un DSA in un adulto.
Quando si dice che il DSA prima presente ad un certo punto "è scomparso" si commette un'esattezza che può generare molta confusione.
 Il DSA non scompare.
Piuttosto, quella individuata e rieducata, era una DIFFICOLTA' poi superata perché adeguatamente trattata.
I trattamenti per le difficoltà sono gli stessi per i disturbi, con la differenza che una, ad un certo punto scompare, l'altra si compensa.

Nelle scuole è anche possibile somministrare screening  di primo livello, da parte di docenti formati a farlo.

lunedì 8 luglio 2013

PAI

PAI è l'acronimo di Piano Annuale per l'Inclusività che tutte le scuole dovranno produrre entro la fine di settembre 2013.
Esso è costituito da 2 parti, la prima in cui bisogna descrivere la situazione del proprio istituto nell'ottica dei BES indicando i punti di forza e di criticità. Nella seconda parte, invece, si deve entrare nello specifico della progettualità indicando gli obiettivi che si vogliono perseguire per rendere il proprio istituto inclusivo. Inoltre dovranno essere descritte le modalità di utilizzo delle risorse.

I BES sono stati definiti in modo chiaro dai due documenti ministeriali pubblicati a dicembre 2012 e a marzo 2013. Bisogna immaginare i BES come un grande calderone dentro il quale vengono inseriti tutti i casi che possono esser causa di insuccesso scolastico, compresi lo svantaggio socioeconomico (coi tempi che corrono la percentuale è destinata a crescere!!!), culturale e linguistico (gli stranieri con difficoltà nella lingua italiana) . Inoltre rientrano nei BES i diversamente abili certificati con la 104. La normativa  lascia discrezionalità al docente che deve decidere quali alunni senza diagnosi possono rientrare nei BES ed essere, quindi, bisognosi di un percorso differenziato e/o personalizzato. La nuova normativa lancia, quindi, una grande sfida in quanto ogni istituto deve far emergere la professionalità dei propri docenti ai quali vengono richieste, sempre più, competenza e formazione in campo delle difficoltà scolastiche. Le esigenze del bambino con difficoltà devo quindi essere ascoltate e accolte.

Come accade per ogni novità ci sono dubbi e perplessità legati ad alcuni passaggi della C, n°8  in particolar modo all'assegnazione dell'organico.

"...per la richiesta di organico di sostegno, e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza, considerando anche gli Accordi di Programma in vigore o altre specifiche intese sull'integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di ciò, gli Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di sostegno secondo quanto stabilito dall’ art 19 comma 11 della Legge n. 111/2011."
 
 E' chiaro è che per il prossimo anno scolastico l'assegnazione dell'organico di sostegno seguirà le regole dettate dalla normativa specifica. Alcuni hanno interpretato il passaggio della Cm 8 sopra riportato, come la possibilità di ricevere risorse aggiuntive da parte della Stato, ma questo sarebbe in contrasto con la politica dei tagli e della contrazione di organico messa in atto da alcuni anni. Tutto questo sta demoralizzando molti docenti che si vedono investiti di maggiori oneri burocratici (la compilazione del PDP per tutti i BES) senza però ricevere gli aiuti necessari per poter attuare in modo adeguato le strategie descritte nel piano. La cosa che molti non hanno ancora capito è che se un DSA può essere in grado di lavorare autonomamente imparando ad usare gli strumenti compensativi, un borderline o un ADHD (tanto per citare i più gravi)  ha bisogno di essere guidato e seguito in modo costante, quasi in un rapporto 1 : 1, senza risorse aggiuntive e senza strumenti adeguati ogni progettazione rischia di essere vanificata.

mercoledì 1 maggio 2013

PDP: LA NORMATIVA SUI BES LO RICHIEDE


La DM n° 8 del 6 marzo 2013 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” stabilisce che  la direttiva estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla Legge 53/2003.  Pertanto è compito doveroso dei Consigli di classe o dei teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni.

Strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano

Didattico Personalizzato (PDP) 
 
 
"STRUMENTI D’INTERVENTO PER ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALIE ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA"

1.5 Adozione di strategie di intervento per i BES

Dalle considerazioni sopra esposte si evidenzia, in particolare, la necessità di elaborare un percorso
individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.

Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.  "
 
  Roma, 27 dicembre 2012
 
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
In sintesi la normativa stabilisce che:
 
i docenti devono applicare la normativa vigente, i dirigenti devono vigilare affinché la normativa venga rispettata e le famiglie hanno il diritto di pretendere che il diritto allo studio del figlio venga considerato.
Il pdp è un documento ufficiale, un patto didattico ed educativo  che viene stabilito tra la scuola e la famiglia e da entrambi dev'essere rispettato.
In alcuni casi di BES, ad esempio quelli riguardanti gli stranieri, il pdp e il percorso personalizzato, possono essere temporanei, ossia fino a quando le difficoltà e i bisogni educativi non sono risolti. In altri casi il pdp può essere modificato nel corso del percorso scolastico in base ai cambiamenti e ai bisogni dell'alunno in difficoltà.
A breve la regione Piemonte predisporrà un modello uguale per tutti gli istituti del territorio.
 
 
 

sabato 6 aprile 2013

strategie per la geometria

La strategia che vi riporto è adottata da Claudia Manfredini, mamma di un ragazzino che frequenta la scuola secondaria di primo grado. Claudia conosce a fondo i DSA, come mamma si è formata e informata costantemente al fine di poter supportare in modo adeguato il figlio durante il percorso scolastico, pertanto ha provato delle strategie e dei sistemi trovandone di molti efficaci e condivisibili.

"La geometria pare difficile per i nostri ragazzi (DSA n.d.r)
io faccio così: leggo e rileggo il testo, in modo da comprendere la situazione, le figure da disegnare, e faccio seguire uno schema di lavoro.


 1- i dati, ricordando che il primo dato è la figura, e allora faccio proprio scrivere trapezio isoscele, o triangolo rettangolo come primissimo dato, perchè spesso credono di capire una figura e continuano a pensare a quella.

 2- disegno: fornisco una serie di disegni colorati già ritagliati sui quali sono scritte le cose fondamentali, quali descrizione della figura, rapporto tra i lati e gli angoli, le regole per ricavare area, perimetro, e formule inverse, e anche qualche osservazione utile

 3-le misure. Nei dati sono contenute alcune misure riportabili sul disegno. Quando nel testo un dato dice che la base del rettangolo è 3/5 dell'altezza, io faccio disegnare proprio un rettangolo di base 3 cm e di altezza 5, e faccio evidenziare i 3  i 5 segmenti di cui sono formati.

 4-le regole. Spesso A., non S., ricorda a memoria tutte le formule, ma tutte insieme, e finisce per provarle tutte facendo confusione e andando in palla. Gli faccio scrivere allora uno specchietto con tutte le regole relative alla figura, area, perimetro, e formule inverse, teorema di pitagora, etc... E' l'unica concessione alla memoria, che poi dopo possiamo archiviare e iniziare a ragionare sul testo.(sostituibile da un formulario, ovviamente)

 E' un procedimento un po' lungo all'inizio, non è detto che venga acquisito subito, ma i ragazzi, piano, piano, comprendono come il metodo li conduca ad avere tutto in ordine."



Il sistema descritto può essere adottato anche dai docenti della scuola primaria.
 

sabato 23 marzo 2013

videogiochi contro la dislessia

articolo apparso su "La Stampa" firmato da Simona Regina


L'articolo spiega come questi videogiochi, che l'Unversità di Padova e l'Istituto scientifico Eugenio Medea di  Lecco stanno sperimentando, abbiano la capacità di migliorare l'attenzione visiva, la concentrazione e l'estrazione d'informazioni dal contesto.
 
 Migliorare la abilità visive del bambino dislessico significherebbe aiutarlo a distinguere meglio i vari grafemi trasformandoli nel fonema corrispondente.
 
E' importante anche la rilevazione in età prescolare di difficoltà visuo-attenzionali in quanto indice predittivo di una possibile dislessia. Rilevato questo indice di rischio si attuerebbe un' abilitazione mirata con l'uso di questi videogiochi come strumento preventivo.
 
Attualmente è un atto la sperimentazione nelle scuole dell'infanzia di Lecco, appena la fase sperimentale sarà conclusa i videogiochi si potranno scaricare gratuitamente .
 

lunedì 11 marzo 2013

LA VALUTAZIONE DI DSA E BES

La valutazione è una questione su cui ci si ritrova spesso a discutere e a confrontarsi.

 In seguito ad alcuni dubbi su come debbano essere valutati i bambini con un funzionamento cognitivo al limite e quelli che seguono una progettazione individualizzata senza essere disabili intellettivi, c'è stato un confronto con la dottoressa Viviana Rossi, ex dirigente scolastica, membro del Comitato Scuola AID Nazionale e del Tavolo Regionale per DSA.

Vi riporto la sua risposta affinchè possa chiarire eventuali dubbi
---------------------------------------------------------------------------------

QUESTA LA MIA MAIL:

Gentilissima Dottoressa,

ho bisogno di porLe  un quesito in merito alla valutazione.

Sapevo che sulla scheda di valutazione, per questioni di privacy non devono comparire riferimenti espliciti al DSA o EES del bambino, me lo conferma?

Il dubbio di molti colleghi è come valutare bambini, generalmente EES o DSA con basso funzionamento cognitivo . Questi bimbi non riescono a raggiungere gli obiettivi della classe, in alcuni casi nemmeno quelli minimi, nonostante l’uso degli strumenti e di tutte le strategie suggerite. Finora i colleghi hanno messo un 6 sulla scheda ma se non c’è riferimento sulla scheda di valutazione all’EES o al DSA che giustifica quel 6 politico, ritengono che non sia onesto rispetto a chi ha raggiunto davvero lo stesso risultato.

I colleghi ritengono la bocciatura per questi bimbi deleteria e cercano di preservare l’aspetto psicoemotico e l’autostima.

Le chiedo, esistono riferimenti legislativi in materia di DSA o EES che danno indicazioni più dettagliate sulla valutazione?

Preciso che per i DSA con un buon funzionamento cognitivo questi problemi non sussistono perché una volta dati gli strumenti raggiungono facilmente gli obiettivi e i risultati sono spesso superiori alla media della classe.

Grazie

Cristiana

-------------------------------------------------------------------------------
LA RISPOSTA DELLA DOTTORESSA ROSSI

Gent.ma Cristiana,

Nella scheda di valutazione, per questioni di privacy , non devono assolutamente comparire riferimenti espliciti al DSA o EES … adesso BES!

Per quanto riguarda la normativa sulla valutazione dei DSA vale sempre l’art.10 del Regolamento sulla valutazione, il D.P.R. n° 122 del 22 giugno 2009 , al quale si rifà tutta la normativa recente:

 " Per gli alunni con DSA adeguatamente certificati, la valutazione e la verifica degli
apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede d’esame conclusivo dei cicli, devono tener conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati gli strumenti compensativi e dispensativi ritenuti idonei. ...”

La Legge 170/2010 assicura che «sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato…» per i ragazzi con DSA L’articolo 6 del Decreto attuativo ci dà ulteriori spiegazioni:

“ 1.La valutazione scolastica, periodica e finale […] deve essere coerente con gli interventi Pedagogico - didattici

  2. Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono […] di dimostrare
effettivamente il livello di apprendimento raggiunto … a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.”

Non esistono riferimenti legislativi  che diano indicazioni dettagliate sulla valutazione dei BES (è a discrezione dell’insegnante), anche se sulla direttiva di dicembre, ed ora sulla circolare
del 6 marzo, si dice di estendere la normativa dei DSA anche per i BES, compreso la preparazione di un PDP e l'uso degli strumenti necessari per portarli a raggiungere gli obiettivi previsti.


Insomma la valutazione continua ad essere uno dei più grossi problemi. Malgrado tutti i discorsi che
si fanno, anche quando la valutazione non viene utilizzata in funzione selettiva, essa non risulta adeguatamente utilizzata in prospettiva formativa, come strumento per educare, per migliorare i processi apprenditivi, più che per sanzionare i risultati.



Nella scuola di base non si dovrebbe valutare per promuovere o bocciare, ma per educare; per individuare quali siano le migliori strategie educative e didattiche; per migliorare i percorsi e per perseguire meglio le mete formative. Anche gli strumenti di valutazione finora utilizzati
non servono a migliorare i processi apprenditivi. Valutare al termine del quadrimestre è persino troppo tardi per intervenire a modificare i percorsi didattici degli alunni.
Occorrerebbe liberare i docenti dai troppi formalismi burocratici, che servono poco al miglioramento dei processi apprenditivi e formativi. Occorrerebbe fare in modo che nella scuola si facesse solo quello che serve per aiutare tutti i bambini a raggiungere le mete formative, anche se questo dovesse portare a fermare il bimbo a cui “viene regalato il 6 politico”, non per punirlo, ma per dargli la possibilità di raggiungere in più tempo il suo successo formativo.
Questo dovrebbe essere il criterio più importante da tenere presente: tutto quello che si fa nella scuola dovrebbe contribuire ad assicurare il successo formativo a tutti gli alunni. La valutazione dovrebbe essere deliberatamente progettata per migliorare ed educare i risultati degli studenti, non solo per verificarli!

Sperando di essere stata chiara, invio cordiali saluti

Viviana Rossi
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

Ho sottolineato quelle parti che ritengo essere molto importanti.

Affinchè il confronto sia costruttivo mi farebbe piacere sapere come avviene la valutazione degli alunni borderline e DSA  nei vari istituti.

sabato 9 marzo 2013

risposta all'articolo "quando non è dislessia ma indolenza certificata"....

Questo articolo firmato dal dott. Osvaldo Poli è stato pubblicato sul n°9 di Famiglia Cristiana.
Vi pubblico la risposta che ho inviato al settimanale, sperando non venga ignorata

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Egregia redazione di Famiglia Cristiana,

avendo letto l’articolo dal titolo “quando non è dislessia ma indolenza certificata,” apparso sul n°9 del vostro settimanale, sento doverosa la replica a quanto scritto dal dott. Osvaldo Poli . In quanto psicologo la sua opinione potrebbe avere delle conseguenze non indifferenti su coloro che ancora negano l’esistenza dei disturbi dell’apprendimento o su chi, più semplicemente, è scettico verso questo genere di problema.

Sono decente di scuola primaria, referente per i disturbi specifici dell’apprendimento e i bisogni educativi speciali dell’istituto comprensivo in cui insegno, ho una buona formazione e anni di insegnamento alle spalle che mi permettono di replicare con cognizione di causa .Sono certa d’interpretare il pensiero di molti genitori, ragazzi e docenti sostenendo che l’articolo è intriso di qualunquismi e banalità, oltre ad essere piuttosto offensivo nei confronti di chi, quotidianamente deve lottare contro l’insuccesso scolastico. La poca voglia di studiare esiste ancora ma è tutt’altra cosa rispetto alle difficoltà o, peggio, ai disturbi dell’apprendimento. Il problema è che molti genitori sono scettici in merito all’esistenza di diversi tipi d’intelligenza o funzionamenti cognitivi fuori dagli schemi tradizionali e attribuiscono i scarsi voti scolastici alla “pelandronite”, come la definisce da sempre mio padre settantenne! Il pregiudizio e l’ignoranza possono avere serie conseguenze verso quei bambini che presentano un problema reale e che possono apprendere se vengono concessi loro degli strumenti compensativi e dispensativi, STRUMENTI non SCONTI DI PENA. Per fare un esempio banale, gli strumenti compensativi stanno ai ragazzi DSA ( o con varie difficoltà) come gli occhiali stanno al dott. Poli.

Questi ragazzi conseguono gli stessi obiettivi dei compagni di classe, la progettazione è personalizzata e non individualizzata. Ciò significa che a loro viene concesso e insegnato l’uso delle mappe per apprendere oppure l’uso della calcolatrice per fare calcoli complessi, o le tabelle delle formule grammaticali e geometriche. Tali strumenti non dispensano dall’imparare il contenuto delle discipline di studio, le procedure di calcolo, il costrutto della frase o la struttura dei problemi aritmetici. Questi ragazzi hanno spesso un’intelligenza e una sensibilità superiori alla media pertanto sono consapevoli della fatica necessaria per imparare. E’ piuttosto comune che i DSA abbiano deficit nell’ambito della memoria di lavoro o a breve tempo, deficit che rallenta e complica ulteriormente l’apprendimento. La difficoltà nel trattenere le informazioni anche solo per breve tempo è alquanto frustrante perché dopo ore passate sui libri i risultati sono comunque scadenti.

In tutti i miei anni d’insegnamento non ho mai visto ragazzi in difficoltà gioire con tifo da stadio di fronte alla propria diagnosi di disturbo e ancor meno ho visto le loro famiglie serene e sollevate. Anzi! Poiché i disturbi specifici non sono una malattia, termine improprio usato dal dottore nel suo articolo, ma una caratteristica legata a un particolare funzionamento del cervello, non si può “guarire” seguendo una terapia specifica. Chi nasce con il disturbo muore con il disturbo. Ciò che può accadere, se ben seguito e sostenuto dagli specialisti del settore, dalla scuola  e  dalla famiglia, è di trovare delle strategie che gli permettono di bypassare la difficoltà, ma la fatica, l’ansia, il senso di frustrazione e una scarsa autostima restano. Lo stesso scoramento resta per tutta la vita nella famiglia. Consiglio di leggere “Diario di scuola” di Pennac al fine di comprendere completamente queste mie affermazioni.

Non ho mai incontrato ragazzi con difficoltà che a causa del disturbo abbiano dovuto studiare meno, anzi, spesso è l’esatto contrario in quanto per svolgere la metà dei compiti impiegano il doppio del tempo proprio a causa della mancanza dell’automatismo e del deficit di memoria che condizionano la capacità attentiva e affaticano  velocemente.

I bambini che devono seguire un programma individualizzato sono bambini con intelligenza al limite della norma, sono alunni oggi ancora poco sostenuti proprio a causa dei tagli che hanno contratto gli organici. Questi bimbi non avendo un QI al di sotto della normalità non hanno diritto a un insegnante di sostegno ma avendo un funzionamento cognitivo al limite, necessitano di grossi aiuti in quanto, a differenza dei DSA, non sono in grado di mettere in atto strategie o di essere autonomi nel lavoro o nell’uso degli strumenti insegnati. I docenti non sempre riescono a  seguirli a dovere perché devono gestire, spesso, una ventina di altri alunni. Anche nel caso di questi bimbi, definiti come soggetti con bisogni educativi speciali, non ho riscontrato alcun giubilo nei loro occhi, anzi, la frustrazione, in alcuni casi, si riversa in atteggiamenti comportamentali difficili da gestire e dolorosi per la famiglia. Per questi bimbi le lezioni e le interrogazioni più semplici hanno lo stesso valore del lavoro svolto dai compagni perché per apprendere c’è un notevole dispendio di energie cognitive ed emotive.

Naturalmente esistono anche i soggetti indolenti, descritti dal dott.Poli ma questi non ottengono alcun tipo di certificazione o diagnosi. Ho conosciuto ragazzi valutati dagli specialisti che dovevano solo migliorare le metodologie di studio ma non avevano alcun disturbo specifico e nessun funzionamento al limite, a loro non è stata rilasciata alcuna diagnosi o certificazione e gli specialisti hanno concluso l’osservazione con alcuni consigli per la famiglia e i docenti al fine di potenziare e stimolare l’interesse e migliorare la metodologia di studio.

I ragazzi realmente indolenti non possono e non devono essere confusi con chi ha difficoltà tangibili, evidenti e scientificamente accertabili.

Il dott. Poli, nel suo articolo, ha fatto una grande confusione scatenando sicuramente rabbia in chi combatte quotidianamente con l’insuccesso scolastico, inoltre ha incentivato i negazionisti e gli scettici a pensare che i disturbi specifici e le difficoltà siano un’invenzione dell’era contemporanea e quindi bastino i buon vecchi metodi per risolvere l’insuccesso: pluribocciature, scappellotti e umiliazioni con tanto di cappello d’ asino. Il rischio è d’incentivare la dispersione scolastica e avere adulti frustrati, depressi e insofferenti, quando invece basterebbero un minimo di umanità e sensibilità da parte di tutti e la volontà di affidarsi a chi ha reali competenze in ambito dell’apprendimento.


Cordialità.

Cristiana Zucca


giovedì 7 marzo 2013

CM n° 8 del 6 marzo 2013

E' appena stata pubblicata la Cm n° 8 che dà indicazioni operative circa la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012. Ve la copio:

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione



CIRCOLARE MINISTERIALE n. 8 Roma, 6 marzo 2013
Prot. 561

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

LORO SEDI

Ai Dirigenti Scolastici

LORO SEDI

Ai Referenti Regionali per la Disabilità / per i DSA

LORO SEDI

Alle Associazioni componenti

l’Osservatorio permanente per l’Integrazione degli alunni con disabilità

LORO SEDI

Alle Associazioni del FONAGS

LORO SEDI

Alle Associazioni del Forum Nazionale degli Studenti

LORO SEDI

Ai Presidenti delle Consulte Provinciali degli Studenti

LORO SEDI

Oggetto

: Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni

educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni

operative

Il 27 dicembre scorso è stata firmata dall’On.le Ministro l’unita Direttiva recante
Strumenti

d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione

scolastica
che delinea e precisa la strategia inclusiva della scuola italiana al fine di realizzare

appieno il diritto all’apprendimento per tutti gli alunni e gli studenti in situazione di difficoltà. La

Direttiva ridefinisce e completa il tradizionale approccio all’integrazione scolastica, basato sulla

certificazione della disabilità, estendendo il campo di intervento e di responsabilità di tutta la

comunità educante all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: “svantaggio

sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà

derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture

diverse”.

La Direttiva estende pertanto a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione

dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla Legge 53/2003.

Fermo restando l'obbligo di presentazione delle certificazioni per l'esercizio dei diritti

conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, è compito doveroso dei Consigli di classe o dei

teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria

l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o

dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni.

Strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano

Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare – secondo

un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata - le strategie di intervento più idonee e i

criteri di valutazione degli apprendimenti.

In questa nuova e più ampia ottica, il Piano Didattico Personalizzato non può più essere inteso

come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è

bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative

calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES,

privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in

maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didatticostrumentale.

La Direttiva ben chiarisce come la presa in carico dei BES debba essere al centro dell’attenzione

e dello sforzo congiunto della scuola e della famiglia.

È necessario che l’attivazione di un percorso individualizzato e personalizzato per un alunno

con Bisogni Educativi Speciali sia deliberata in Consiglio di classe - ovvero, nelle scuole primarie,

da tutti i componenti del team docenti - dando luogo al PDP, firmato dal Dirigente scolastico (o da

un docente da questi specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia.
 
 Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia.

A titolo esemplificativo, sul sito del MIUR saranno pubblicati alcuni modelli di PDP (Cfr.

http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dsa) .

Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti

motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni

pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso.

Alunni con DSA e disturbi evolutivi specifici


Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura

privata, si raccomanda - nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie

pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010,

qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla


base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo.

Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad alunni (già sottoposti ad accertamenti

diagnostici nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad

ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si

evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle

certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico

individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate

richiedono. Negli anni terminali di ciascun ciclo scolastico, in ragione degli adempimenti connessi

agli esami di Stato, le certificazioni dovranno essere presentate entro il termine del 31 marzo, come

previsto all’art.1 dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni sulle certificazioni per i DSA

(R.A. n. 140 del 25 luglio 2012).

Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale


Si vuole inoltre richiamare ulteriormente l’attenzione su quell’area dei BES che interessa lo

svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. La Direttiva, a tale proposito, ricorda che “ogni

alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per

motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è

necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”. Tali tipologie di BES dovranno

essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei

servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche.

Per questi alunni, e in particolare per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non

conoscenza della lingua italiana - per esempio alunni di origine straniera di recente immigrazione

e, in specie, coloro che sono entrati nel nostro sistema scolastico nell’ultimo anno - è parimenti

possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti

compensativi e misure dispensative (ad esempio la dispensa dalla lettura ad alta voce
e le attività ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, ecc.
), con le stesse modalità sopra indicate.

In tal caso si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per

il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da

diagnosi, le misure dispensative, nei casi sopra richiamati, avranno carattere transitorio e attinente

aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche attraverso percorsi

personalizzati, più che strumenti compensativi e misure dispensative.

In ogni caso, non si potrà accedere alla dispensa dalle prove scritte di lingua straniera se non in

presenza di uno specifico disturbo clinicamente diagnosticato, secondo quanto previsto dall’art. 6

del DM n. 5669 del 12 luglio 2011 e dalle allegate Linee guida.

Si rammenta, infine, che, ai sensi dell’articolo 5 del DPR n. 89/2009, le 2 ore di insegnamento

della seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado possono essere utilizzate

anche per potenziare l'insegnamento della lingua italiana per gli alunni stranieri non in possesso

delle necessarie conoscenze e competenze nella medesima lingua italiana, nel rispetto

dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.

Eventuali disposizioni in merito allo svolgimento degli esami di Stato o delle rilevazioni annuali

degli apprendimenti verranno fornite successivamente.



AZIONI A LIVELLO DI SINGOLA ISTITUZIONE SCOLASTICA


Per perseguire tale “politica per l’inclusione”, la Direttiva fornisce indicazioni alle istituzioni

scolastiche, che dovrebbero esplicitarsi, a livello di singole scuole, in alcune azioni strategiche di

seguito sintetizzate.

1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della L. 104/92, i compiti del Gruppo di

lavoro e di studio d’Istituto (
GLHI) si estendono alle problematiche relative a tutti i BES. A

tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse specifiche e di coordinamento

presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla

comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di

coordinamento delle classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in regime di

convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all’interno del corpo docente il

trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e un’efficace capacità di

rilevazione e intervento sulle criticità all’interno delle classi.

Tale Gruppo di lavoro assume la denominazione di
Gruppo di lavoro per l’inclusione (in sigla

GLI) e svolge le seguenti funzioni:

rilevazione dei BES presenti nella scuola;

raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in

funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con

azioni strategiche dell’Amministrazione;

focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di

gestione delle classi;

rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;

raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base

delle effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte

in sede di definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio

2010 n. 122 ;

elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli

alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).

A tale scopo, il Gruppo procederà ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli

interventi di inclusione scolastica operati nell’anno appena trascorso e formulerà

un’ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per

incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell’anno successivo. Il Piano

sarà quindi discusso e deliberato in Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici

degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR, per la richiesta di organico di sostegno, e

alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di

competenza, considerando anche gli Accordi di Programma in vigore o altre specifiche

intese sull'integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di ciò, gli

Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di

sostegno secondo quanto stabilito dall’ art 19 comma 11 della Legge n. 111/2011.

Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola –

ovvero, secondo la previsione dell’art. 50 della L.35/2012, alle reti di scuole -, il Gruppo

provvederà ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente scolastico

procederà all’assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini “funzionali”.

A tal punto i singoli GLHO completeranno la redazione del PEI per gli alunni con

disabilità di ciascuna classe, tenendo conto di quanto indicato nelle
Linee guida del 4

agosto 2009.

Inoltre il Gruppo di lavoro per l’inclusione costituisce l’interfaccia della rete dei CTS e

dei servizi sociali e sanitari territoriali per l’implementazione di azioni di sistema

(formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.).

Dal punto di vista organizzativo, pur nel rispetto delle autonome scelte delle scuole, si suggerisce

che il gruppo svolga la propria attività riunendosi (per quanto riguarda le risorse specifiche

presenti: insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, funzioni strumentali,

ecc.), con una cadenza - ove possibile - almeno mensile, nei tempi e nei modi che maggiormente

si confanno alla complessità interna della scuola, ossia in orario di servizio ovvero in orari

aggiuntivi o funzionali (come previsto dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2006/2009), potendo far

rientrare la partecipazione alle attività del gruppo nei compensi già pattuiti per i docenti in sede di

contrattazione integrativa di istituto. Il Gruppo, coordinato dal Dirigente scolastico o da un suo

delegato, potrà avvalersi della consulenza e/o supervisione di esperti esterni o interni, anche

attraverso accordi con soggetti istituzionali o del privato sociale e, a seconda delle necessità (ad

esempio, in caso di istituto comprensivo od onnicomprensivo), articolarsi anche per gradi

scolastici.

All’inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una

programmazione degli obiettivi da perseguire e delle attività da porre in essere, che confluisce

nel Piano annuale per l’Inclusività; al termine dell’anno scolastico, il Collegio procede alla

verifica dei risultati raggiunti.

2. Nel
P.O.F. della scuola occorre che trovino esplicitazione:

un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del

grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, da perseguire nel senso

della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare,

della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle

relazioni tra docenti, alunni e famiglie;

criteri e procedure di utilizzo “funzionale” delle risorse professionali presenti,

privilegiando, rispetto a una logica meramente quantitativa di distribuzione degli

organici, una logica “qualitativa”, sulla base di un progetto di inclusione condiviso con

famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto “pedagogico” del percorso di

apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola;

l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione concordate a livello

territoriale.

3.
La rilevazione, il monitoraggio e la valutazione del grado di inclusività della scuola sono

finalizzate ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la

trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi. Da tali azioni

si potranno inoltre desumere indicatori realistici sui quali fondare piani di miglioramento

organizzativo e culturale. A tal fine possono essere adottati sia strumenti strutturati reperibili in

rete [come l’”Index per l’inclusione” o il progetto “Quadis” (
http://www.quadis.it/jm/)], sia

concordati a livello territoriale. Ci si potrà inoltre avvalere dell’approccio fondato sul modello

ICF dell’OMS e dei relativi concetti di
barriere e facilitatori.

AZIONI A LIVELLO TERRITORIALE


La direttiva affida un ruolo fondamentale ai CTS - Centri Territoriali di Supporto, quale

interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole, e tra le scuole stesse nonché quale rete di supporto al

processo di integrazione, allo sviluppo professionale dei docenti e alla diffusione delle migliori

pratiche.

Le scuole dovranno poi impegnarsi a perseguire, anche attraverso le reti scolastiche, accordi e

intese con i servizi sociosanitari territoriali (ASL, Servizi sociali e scolastici comunali e provinciali,

enti del privato sociale e del volontariato, Prefetture, ecc.) finalizzati all’integrazione dei servizi “alla

persona” in ambito scolastico, con funzione preventiva e sussidiaria, in ottemperanza a quanto

previsto dalla Legge 328/2000. Tali accordi dovranno prevedere l’esplicitazione di procedure

condivise di accesso ai diversi servizi in relazione agli alunni con BES presenti nella scuola.

Si precisa inoltre che, fermi restando compiti e composizione dei GLIP di cui all’art. 15 commi 1,

3 e 4 della L. 104/92, le loro funzioni si estendono anche a tutti i BES, stante l’indicazione contenuta

nella stessa L. 104/92 secondo cui essi debbono occuparsi dell’integrazione scolastica degli alunni

con disabilità, “nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di

apprendimento.”

In ogni caso, i CTS dovranno strettamente collaborare con i GLIP ovvero con i GLIR, la cui

costituzione viene raccomandata nelle Linee guida del 4 agosto 2009.

CTI - Centri Territoriali per l’Inclusione


Il ruolo dei nuovi CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione), che potranno essere individuati a

livello di rete territoriale - e che dovranno collegarsi o assorbire i preesistenti Centri Territoriali per

l’integrazione Scolastica degli alunni con disabilità, i Centri di Documentazione per l’integrazione

scolastica degli alunni con disabilità (CDH) ed i Centri Territoriali di Risorse per l’integrazione

scolastica degli alunni con disabilità (CTRH) - risulta strategico anche per creare i presupposti per

l’attuazione dell’art. 50 del DL 9.2.2012, n°5, così come modificato dalla Legge 4.4.2012, n° 35, là

dove si prevede (comma b) la
“definizione, per ciascuna istituzione scolastica, di un organico

dell'autonomia, funzionale all'ordinaria attività didattica, educativa, amministrativa, tecnica e

ausiliaria, alle esigenze di sviluppo delle eccellenze, di recupero, di integrazione e sostegno agli

alunni con bisogni educativi speciali e di programmazione dei fabbisogni di personale scolastico,

anche ai fini di una estensione del tempo scuola”

e ancora (comma c) la “costituzione […] di reti

territoriali tra istituzioni scolastiche, al fine di conseguire la gestione ottimale delle risorse umane,

strumentali e finanziarie”

e ancora (comma d) la “definizione di un organico di rete per le finalità

di cui alla lettera c) nonché per l'integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, la

formazione permanente, la prevenzione dell'abbandono e il contrasto dell'insuccesso scolastico e

formativo e dei fenomeni di bullismo, specialmente per le aree di massima corrispondenza tra

povertà e dispersione scolastica”

e infine (comma e) la “costituzione degli organici di cui alle

lettere b) e d) […] sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per


almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i

posti di sostegno, fatte salve le esigenze che ne determinano la rimodulazione annuale.”


Laddove, per ragioni legate alla complessità territoriale, i CTI non potessero essere istituiti o

risultassero poco funzionali, le singole scuole cureranno, attraverso il Gruppo di Lavoro per

l’Inclusione, il contatto con i CTS di riferimento.

Si precisa che il gruppo di docenti operatori del CTS o anche del CTI dovrà essere in possesso

di specifiche competenze, al fine di poter supportare concretamente le scuole e i colleghi con

interventi di consulenza e di formazione mirata. È quindi richiesta una “specializzazione” – nel

senso di una approfondita competenza – nelle tematiche relative ai BES. Per quanto riguarda l’area

della disabilità, si tratterà in primis di docenti specializzati nelle attività di sostegno, ma anche di

docenti curricolari esperti nelle nuove tecnologie per l’inclusione. Per l’area dei disturbi evolutivi

specifici, potranno essere individuati docenti che abbiano frequentato master e/o corsi di

perfezionamento in “Didattica e psicopedagogia per i DSA”, ovvero che abbiano maturato

documentata e comprovata esperienza nel campo, a partire da incarichi assunti nel progetto NTD

(Nuove Tecnologie e Disabilità) attivato sin dal 2006. Anche in questo secondo caso è auspicabile

che il docente operatore dei CTS o dei CTI sia in possesso di adeguate competenze nel campo delle

nuove tecnologie, che potranno essere impiegate anche in progetti per il recupero dello svantaggio

linguistico e culturale ivi compresa l’attivazione di percorsi mirati.

Le istituzioni scolastiche che volessero istituire un CTI possono presentare la propria

candidatura direttamente all’Ufficio Scolastico regionale competente per territorio.

Nel rinviare all’unita Direttiva per una riflessione da portare anche all’interno del Collegio dei

Docenti o loro articolazioni, si invitano le SS.LL. a dare la massima diffusione alla presente

Circolare che viene pubblicata sul sito Internet del Ministero e sulla rete Intranet.

Confidando nella sensibilità e nell’attenzione degli uffici dell’Amministrazione e di tutti coloro

cui la presente circolare è indirizzata, si ringrazia per la collaborazione.

IL CAPO DIPARTIMENTO

f.to
Lucrezia Stellacci

ASSOCIAZIONE SOS DSA

Un'amica mi ha parlato dell'associazione di Settimo Torinese SOS DSA di cui fa parte, queste sono le informazioni tratte dal volantino che mi ha inviato

---------------------------------------------------------------------------------------------


L’Associazione nasce il 01 ottobre 2012 dalla volontà di un gruppo di genitori con

figli diagnosticati come “DSA”, nostro malgrado abbiamo dovuto affrontare questa

sfida cercando AIUTO da parte di tutti per capire, apprendere e cercare di dare un

supporto ai nostri ragazzi nella loro delicata fase di crescita scolastica e non.

Abbiamo quindi deciso di metterci in gioco in prima persona per offrire a nostra

volta una mano a tutti quelli che oggi affrontano il tema della DSA.


L’organizzazione ha lo scopo di: offrire sostegno pratico ai bambini, ai ragazzi, alle

famiglie alle scuole agli educatori in genere sia nel nostro comune che nei territori

limitrofi.



Alcuni obiettivi dell’Associazione:


  • supportare le famiglie di bambini e ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento

(denominati D.S.A.);



promuovere azioni rivolte alla comunità di informazione e sensibilizzazione sui D.S.A.;


collaborare con i docenti delle scuole e in particolare con i referenti sui D.S.A. fornendoli

di strumenti compensativi (con relative modalità di utilizzo) e di materiale informativo;



tutelare il diritto alla pari opportunità di istruzione dei soggetti con problemi di D.S.A;


sviluppare forme di tutoraggio per gli studenti con D.S.A;


sensibilizzare le amministrazioni locali sui temi dei D.S.A;


……

Non ti isolare ….

Non sei solo !!!!

Tutti insieme possiamo fare molto


Per ogni informazione scrivi a:

info.sosdsa@gmail.com