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ALCUNE INFORMAZIONI SU DI ME

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Torino , Italy
Da 13 anni sono referente per la dislessia, da 3 Funzione Strumentale per l'inclusione del mio istituto. Insegno da 26 anni nella scuola primaria. Dal 2019 collaboro con l'associazione O.S.D a.p.s ( Organizzazione a Sostegno dei Disturbi dell'età evolutiva) come referente per il Piemonte e la Valle d'Aosta ( osdpiemonte@gmail.com ) Sono autrice della favola "Lucertolina e Mirtillina" del libro per bambini sui DSA "Abracadabra Lucertolina". Alcune mie favole sono state pubblicate in altri due libri per bambini editi dalla casa editrice Mammeonline; curo il forum D.S.A su un sito per mamme;ho relazionato ad incontri e convegni sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ho presentato il libro sui D.S.A, di cui sono coautrice, al Salone del Libro di Torino. Ho conseguito la specializzazione polivalente presso l'Istituto G Toniolo di Torino, con il massimo dei voti.

domenica 4 agosto 2019

Il referente d'istituto e i rapporti con le famiglie

Le Linee Guida per i DSA, del 12 luglio 2011 , al capitolo 6.3 stabiliscono quelli che sono i compiti del referente d'istituto,  una figura raccomandata, non obbligatoria, il cui ruolo viene demandato all'autonomia progettuale di ogni singolo istituto. In parole povere,la scuola, analizzati i suoi bisogni in ambito di disturbi specifici,  decide se nominare un referente e stabilisce quali siano i suoi compiti oltre a quelli indicati dalla normativa (ormai quasi tutti gli istituti hanno un referente DSA)
Molti punti delle Linee Guida riguardano la sua azione in ambito scolastico,  a supporto dei colleghi e degli alunni,  ma ce n'è uno che, a parer mio,merita più attenzione degli altri, ed è il seguente :

"Il referente funge da mediatore tra colleghi e famiglie..." 

In pratica deve far sì che eventuali incomprensioni vengano chiarite; deve far sentire accolta la famiglia,  la deve rassicurare.  Deve cercare di capire,  in caso di astio, cosa non ha funzionato nella comunicazione e/o nell'azione educativa; deve cercare di far comprendere ai colleghi l'aspetto emotivo che coinvolge, anzi, stravolge le famiglie.
In questi casi il referente deve mettersi in ascolto cercando di evitare che le incomprensioni arrivino ad atti estremi. Personalmente credo che laddove le famiglie siano passate ad azioni legali,  ricorrendo anche al TAR (spesso vinte),  è perché qualcosa non ha funzionato nella comunicazione e nell' "uso" del referente d"Istituto.

Mi è stato raccontato di una famiglia che, in una situazione di dubbio, misto a preoccupazioni  legate all'applicazione del PDP,  ha cercato un confronto in via informale con il referente. Il classico "ti devo parlare..."  per poter capire se le preoccupazioni erano fondate e per avere indicazioni pratiche su come agire su se stessi, sul figlio ed eventualmente sulla scuola, in questo caso da parte del referente ...
È stato risposto loro di usare i canali ufficiali, ossia di esprimere dubbi e richieste attraverso mail istituzionali. In pratica  è  come se alla richiesta di cui sopra, la scuola avesse risposto  "ci parliamo solo in presenza del mio avvocato!"
  La scuola, però,  non è fondata sulla burocrazia,  carte compilate e protocolli.  La scuola è prima di tutto relazione umana. Laddove viene data priorità alla relazione ci saranno sempre meno carte da compilare.  Cosa significa questo? Se un genitore ha come unica via di confronto la strada istituzionale dovrà comunicare ogni suo dubbio sulle irregolarità,  sull'azione didattica ed educativa , scrivendo una PEC al Dirigente e per conoscenza a tutte le altre figure coinvolte.  Nel momento in cui si arriva a questo si ha una prima rottura della relazione tra scuola e famiglia che avrà ripercussioni anche sul ragazzo (percepisce benissimo il malcontento tra le figure che si occupano di lui), è  inevitabile quando ci si parla tramite "carta bollata ". Pertanto credo che la soluzione migliore sia sempre l'elasticità di pensiero accompagnata da una buona flessibilità di azione nella chiara consapevolezza che i ragazzi con DSA sono tutelati da una normativa che deve essere rispettata per evitare di ricorrere "alla carta bollata" ed è compito del referente far sì che ciò non accada, come è suo compito cercare di "salvare " tutti quei ragazzi del II grado che arrivano ad abbandonare gli studi o a cambiare indirizzo.  Anche in questo caso qualcosa non ha funzionato!

domenica 21 luglio 2019

Riflessioni sull'articolo apparso su un quotidiano del 20/7/2019: "mio figlio, dislessico trascurato"

Su un quotidiano  del 20/7/2019 è apparso un articolo dal titolo "mio figlio dislessico trascurato "  esso racconta di una mamma che lamenta come il figlio  liceale, con un DSA, in 5 anni abbia cambiato 5 insegnanti di sostegno! Personalmente vorrei sapere qual è quell' ASL che assegna una 104 a un ragazzo dislessico! Nonostante siano passati quasi 10 anni dalla L.170, c'è ancora molta confusione! Si mescolano spesso i due BES continuando ad alimentare quei pregiudizi che proprio la legge voleva eliminare.
 La 170 è stata fortemente voluta anche per creare uniformità sul territorio nazionale. Prima del 2010 c'era un vero e proprio Far West: ASL che concedevano il docente di sostegno ad alunni con DSA e ASL che non lo facevano nemmeno di fronte a un grado severo. Avveniva addirittura all'interno di una stessa azienda sanitaria ma in sedi diverse. Il messaggio che si è voluto mandare con la legge è che avendo le persone con DSA un QI nella norma e non presentando deficit fisici non necessitano di un docente per loro. Ribadisce, poi, e a gran voce, che il successo formativo di un alunno con un particolare neurofunzionamento, è dovuto esclusivamente a una buona didattica e a un buon docente. L'attenzione, a parer mio, dovrebbe invece essere posta sul numero di alunni per classe. Alcune scuole del II grado possono arrivare addirittura a 33 allievi per sezione, i numeri delle classi di ordine inferiore si discostano di poco. Considerando che ognuno apprende in modo unico, la didattica dovrebbe essere personalizzata per 30 persone...Beh,con questi numeri è umanamente impossibile. È palese che quantità  inferiori, seppur a vantaggio di ogni singolo alunno e di ogni singolo docente, comporterebbero un onere non indifferente per lo Stato !
Tornando alla confusione ancora persistente, io stessa ho sentito più volte parlare di ragazzini con una disabilità psicofisica come alunni che potevano presentare anche un DSA. Spesso erano genitori che avanzano questa ipotesi, oppure docenti alle primissime armi .  Spiegato che un B E S esclude l'altro mi sono comunque resa conto che la strada affinché tutti comprendano cosa siano i DSA è ancora molto lunga .

( Articolo tratto da un mio intervento sul gruppo O.S.D a.p.s)

sabato 20 luglio 2019

Mappe e pregiudizi

Questione annosa: l'uso delle mappe!
Spesso mi chiedono indicazioni sul dove reperirle; c'è anche chi le vende!
In realtà le mappe sono un metodo, uno dei tanti e non solo uno strumento concesso e previsto per gli studenti con DSA.
Le mappe,  inoltre,  non sono utili a chiunque,  ad esempio,  chi ha problemi di tipo visuo spaziale può trovare difficoltà nell'usarle; chi ha un funzionamento cognitivo più di tipo uditivo può trovarle non così indispensabili.  Sicuramente possono risultare utili per chi ha un funzionamento  visivo.
Essendo un metodo di studio va insegnato, non improvvisato o lasciato al caso. Va insegnato a TUTTI,  in aula,  come parte integrante della lezione,  come primo passo dell'apprendimento.  È un metodo che,  comunque,  aiuta a riflettere per trovare connessioni tra le varie parti del testo o gli argomenti di un capitolo; induce a ragionare sulla causa/effetto. Si parte leggendo il testo del quale sarà necessario estrapolare le parti importanti,  di queste bisognerà tirare fuori il concetto o la parola chiave. I vari concetti vanno poi collegati tra loro secondo un nesso logico.  La mappa è un po' come una cartina stradale che, guarda caso, si chiama proprio "mappa stradale " . Percorrendola è possibile ricostruire il percorso del contenuto studiato e permette di farlo secondo un certo ordine.
Le mappe spaventano molti insegnanti.  Pochi insegnano a TUTTI ad usarle; molti hanno paura che chi non ha un BES le usi; diversi sono titubanti nel farle usare ai ragazzi con BES; altri ancora non fanno nulla per incentivare i ragazzi con BES ad usarle.
Certamente esiste un preconcetto radicato in molti secondo i quali la mappa è una facilitazione e non un metodo.  Non rare sono affermazioni del tipo " se faccio usare le mappe durante la verifica non so quanto abbiano studiato davvero " queste persone probabilmente non hanno ben chiaro di come funzionino l'apprendimento e le mappe.  Se non studio non so orientarmi sulla mappa; se non studio non so argomentare pur avendo sotto agli occhi parole chiave. Inoltre, molti alunni della classe non sentiranno nemmeno il bisogno di utilizzarla perché,  come ho già spiegato,  può non rientrare nel loro stile di apprendimento.  Però quel concederle a tutti permette di aiutare chi ne ha davvero bisogno.  Riservandole "solo a chi ha una certificazione " non si fa inclusione ma si tenderà ad emarginare chi si sentirà,  per forza di cose discriminato.  Questo accade soprattutto in adolescenza dove "sentirsi omologati ai pari" dá sicurezza, aiuta a confondersi nel gruppo e a tenere lontani i giudizi che,  a questa età,  pesano come macigni. Ci sono adolescenti con BES che preferiscono la bocciatura all'uso degli strumenti,  alla paura di essere considerati "diversi " dai compagni.  È qui che entra in gioco il ruolo educativo ed inclusivo dell'adulto,  dove,  l'adulto,  è rappresentato dal corpo docente.  Dare pari opportunità a tutti fa sì che si prenda coscienza delle peculiarità individuali.  Sta alla scuola lavorare sulle differenze,  sta ai docenti includere.
Mi hanno raccontato di un ragazzo che non voleva usare le mappe nonostante avesse imparato a costruirle  bene. C'era una disciplina per lui piuttosto complessa dove,  nonostante l'impegno,  non raggiungeva la sufficienza.  I risultati,  invece, erano evidenti quando ripeteva la lezione con la mappa davanti.  Verso la fine dell'anno si era deciso ad usarle ma non davanti ai compagni.  Chiese al docente di interrogarlo lontano dagli occhi giudicanti degli amici,  durante l'ora buca.  Gli fu risposto di no! Peccato! Peccato per la grande occasione persa di far capire a quel ragazzo che con le mappe sarebbe stato capace di raggiungere la sufficienza; occasione persa per aiutarlo a capire cosa non andasse nel suo metodo di studio. Il ragazzo continuerà a non usare le mappe e gli strumenti in classe! La scuola ha perso una grande occasione per fare inclusione e continuerà a tenersi le proprie paure.

Il docente è uno specialista?

Una mamma mi ha raccontato di aver chiesto alla docente del figlio come potesse aiutarlo nel migliorare lo studio in quelle specifiche materie. Era la fine dell'anno e il ragazzo aveva raggiunto a fatica la sufficienza nonostante il costante impegno,  prova evidente che qualcosa non funzionava.
La risposta è stata "non sono io lo specialista (del D.S.A ndr)" così il genitore ha dovuto contattare uno specialista che aiutasse il figlio!
Il docente,  in realtà,  ignora il fatto che chi insegna non solo è specialista della propria disciplina di cui conosce contenuti ma lo è,  o meglio, dovrebbe esserlo, anche della didattica.  È il docente che sa come trasmettere quei contenuti, come personalizzare la sua lezione.  Da una ventina di anni a questa parte, ossia da quando l'acronimo D.S.A è entrato quasi prepotentemente nelle nostre scuole, il docente non ha scuse, dovrebbe essere anche specialista della didattica speciale.  Inoltre,  con la legge 107 che impone la formazione per il personale docente,  non è più così difficile formarsi. Infine la rete stessa abbonda di materiale sull'argomento,  pertanto un docente che afferma di non essere lui lo specialista è un docente che svaluta se stesso! Uno specialista esterno potrà aiutare il ragazzo ad affinare alcune tecniche ma non potrà mai sostituirsi all'insegnante perché non è in aula e la classe è un ambiente unico e particolare che non si può riprodurre altrove.  L'insegnante non può sostituirsi allo specialista come quest'ultimo non può sostituirsi all'insegnante.  Ognuno ha il proprio ruolo, le proprie competenze.
Cosa avrebbe dovuto rispondere, dunque, quel docente? Avrebbe dovuto appellarsi alla sua ventennale esperienza, pensare al suo comportamento con gli alunni in difficoltà, il metodo usato, i risultati ottenuti. Avrebbe dovuto proporre strategie aggiungendo un "proviamo " perché in campo educativo non esiste  la regola esatta applicabile a chiunque,  ognuno è diverso e apprende con modalità proprie,  ma bisogna tentare, bisogna avere cura dell'alunno e della sua famiglia! Un docente che risponde "proviamo " è un docente che fa sentire accolta la famiglia, quest'ultima non avrà alcuna ragione di andare contro chi la prende per mano e cammina con lei

venerdì 19 luglio 2019

SONO TORNATA: COME POSSO AIUTARE?

Mi scuso con tutti per questa lunga assenza ma il lavoro mi ha assorbita completamente! Da 3 anni  mi occupo di tutti i  Bisogni Educativi Speciali  (disabilità compresa) di tutti gli ordini di scuola del mio istituto, coordino il GLI e devo gestire moltissime cose  (oltre il lavoro in aula e la mia famiglia 😉) . In questi 3 anni,  nel mio istituto, abbiamo realizzato molte cose che hanno permesso di migliorare l'inclusione;   piccole cose,  molto importanti per noi, dalle quali abbiamo tratto una piacevole soddisfazione.  Il tutto è stato reso possibile anche a un ottimo lavoro di squadra,  non solo con i componenti del GLI ma anche con la segreteria,  la dirigenza, le famiglie e gli enti/associazioni esterni.

Tornando ho trovato in archivio molti vostri interventi in attesa di approvazione, quelli che possono ancora essere attuali li ho pubblicati. In quanto agli altri mi scuso per le risposte che si sono fatte attendere così a lungo.

Sui DSA è stato scritto molto, pertanto desidererei che i prossimi articoli prendessero spunto dai vostri suggerimenti.
Di cosa volete si parli?
Avete dubbi, curiosità?
Per riprendere le parole di un noto medico di una recente serie TV,  "Come posso aiutare?"

sabato 18 giugno 2016

ABILITAZIONE, NON RIABILITAZIONE


Confrontandomi con un collega mi sono accorta che è doverosa una precisazione sull'utilizzo di alcune terminologie specifiche.
Il termine “abilitazione” si utilizza per indicare tutti gli interventi sui soggetti con DSA in quanto si va ad abilitare una condizione inesistente  sin dalla nascita. Ossia, la difficoltà della lettura è innata, il bambino nasce così quindi gli interventi specifici vanno a  creare quelle condizioni per cui impara delle strategie per acquisire e/o migliorare la competenza che non diventa automatica
Il termine “riabilitazione” , invece, si utilizza in quei soggetti che hanno perso un’abilità o una funzione presente sin dalla nascita o acquisita. Ad esempio si riabilita una funzione motoria dopo un trauma. Prima il soggetto sapeva camminare, poi ha subito un trauma perdendo la funzionalità dell’arto che va riabilitato  affinché il soggetto possa tornare a camminare.
Il termine “riabilitazione” viene spesso usato in modo improprio e può essere condannato da esperti del settore, soprattutto da quelle famiglie molto attente al problema dei DSA in quanto è riferito, soprattutto, all'ambito medico.
 I DSA non sono né  una malattia, né una disabilità pertanto l’uso di termini che possono ricondurre, anche solo inconsciamente, alla medicalizzazione, può indispettire i soggetti più suscettibili ,questo perché è ancora radicata la paura del pregiudizio, l’essere considerati dei diversi con delle capacità diverse dalla maggioranza della popolazione .

SINTESI DGR 16 E RELATIVI ALLEGATI

DGR 16
Definisce un protocollo d’intesa tra Regione e USR in materia di D.S.A
Allegato 2 :
Ø SCUOLA PRIMARIA : sospetto DSA
(serve per un intervento tempestivo in ambito diagnostico)
1.  Va compilato solo nei casi sospetti di DSA e non per altri casi
2.  il documento deve essere condiviso con la famiglia
3.  la FAMIGLIA presenta l’originale durante il primo incontro con il NPI
4.  la scuola ne tiene una copia e l’archivia
5.  si compila non prima del secondo quadrimestre del 2° anno previo recupero di almeno 6 mesi.
6.  Non esiste una scadenza entro la quale deve essere presentato alla famiglia. In caso di sospetto DSA, è importante la tempestività
7.  Una volta condiviso con i genitori s’informa la referente D.S.A.
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Allegato 3
Ø SCUOLA PRIMARIA: passaggio all’ordine di scuola successivo di alunno DSA
(strumento ad uso dei diversi ordini di scuola in merito all’andamento scolastico , alle strategie e alla didattica utilizzata con l’alunno D.S.A)

1.  Lo compilano i docenti di classe 5^ per il passaggio alla scuola di ordine superiore
2.  Viene compilato solo per gli alunni con diagnosi D.S.A
3.  Viene condiviso e consegnato alla famiglia prima del termine dell’anno scolastico
4.  La FAMIGLIA consegna l’originale alla nuova scuola
5.  Archiviare copia del documento
6.   I docenti informano il referente DSA dell’avvenuta consegna


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Allegato 3
Ø I GRADO: sospetto DSA

1.  Si compila nel caso in cui si sospetti che un alunno SENZA DIAGNOISI sia un DSA
2.  Si compila previo recupero di almeno 6 mesi
3.  Non c’è una scadenza entro cui redigerlo
4.  Si condivide con la famiglia
5.  LA FAMIGLIA lo consegna al NPI durante la prima visita
6.  La scuola archivia la copia
7.  I docenti informano il referente DSA dell’avvenuta consegna

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Ø I GRADO: alunno già certificato DSA, passaggio all’ordine di scuola successivo

1     Lo compilano i docenti di classe 3^ per il passaggio alla scuola di ordine superiore
2     Viene condiviso e consegnato alla famiglia prima del termine dell’anno scolastico
3     La FAMIGLIA consegna l’originale alla nuova scuola
4     Archiviare copia del documento
5      Informare il referente DSA dell’avvenuta consegna
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Ø  I GRADO: alunno già certificato DSA, rinnovo della diagnosi

1     Lo compilano i docenti quando l’alunno deve rinnovare la diagnosi, ossia non prima dei 3 anni dalla precedente
2     Viene condiviso e consegnato alla famiglia
3     La FAMIGLIA lo consegna agli specialisti
4     La scuola archivia una copia del documento
5     I docenti informano il referente DSA dell’avvenuta consegna



SPORTELLO DI ASCOLTO PER FAMIGLIE DI ALUNNI D.S.A: SUGGERIMENTI PER I DOCENTI

Quest'anno, nel nostro istituto, è stato istituito lo sportello di ascolto per alunni e docenti con alunni DSA /BES. 
Questi i punti importanti che sono emersi dal confronto, utili a chiunque.

La proroga di compilazione e consegna dei PDP è valida solo per quelli stilati in seguito all'arrivo di nuove diagnosi in corso d'anno. In ogni caso non vanno stilati PDP oltre il mese di aprile.  Per le diagnosi successive a tale data si tiene conto delle indicazioni, si applica la legge, ma la compilazione del documento è rimandata al nuovo anno scolastico.

La firma del Preside è l'ultima che deve essere apposta. Lui firma dopo che il documento è stato accettato dalla famiglia, non prima! La famiglia deve avere tutto il tempo per analizzare il documento e ha il diritto di non firmarlo se non condivide alcuni aspetti.Naturalmente le modifiche vanno discusse e se ognuno resta sulla propria posizione va verbalizzato. 

Il PDP è un contratto e come tale va rispettato. Va rispettata la modalità di valutazione che non deve essere, nel modo più assoluto, differenziata o abbassata  solo perché al bambino sono stati concessi degli strumenti di cui ha diritto. Gli strumenti non sono penalizzanti, non tolgono qualcosa.  E' come se non vi dessero la patente perché avete guidato con gli occhiali anziché senza! Non esiste assolutamente il discorso che il bambino deve essere abituato a lavorare senza gli strumenti, senza le mappe, senza adeguamenti perché altrimenti avrà difficoltà all'esame. La diagnosi o la decisione del consiglio di considerare un bambino BES, fa sì che abbia diritto a tutto ciò che è previsto dalla L 170.

Le interrogazioni vanno programmate, non ci devono essere sovrapposizioni di più interrogazioni o verifiche. Le verifiche vanno adeguate al caso che si ha davanti. E' assolutamente fuori legge il discorso del "Ti do la stessa verifica degli altri perché devi imparare a fare come loro " o, peggio "Perché non voglio discriminarti" La diagnosi e il pdp stabiliscono come vanno somministrate le prove.Durante le verifiche vanno lasciate le mappe e le tabelle. Se una diagnosi riporta come indicazione l'uso di mappe e tabelle voi non dovete stabilire che il bambino può anche fare senza. E' come se il cardiologo vi dicesse che dovete prendere una determinata pastiglia per poter far funzionare bene il  cuore e il medico di base la togliesse dicendo che sono  delle stupidaggini perché potete condurre una vita normale anche senza. 
Gli strumenti danno sicurezza al bambino. La mappa è come una cartina stradale, lo aiuta a ritrovare la strada nel momento in cui non ricorda più bene il percorso. Tenete sempre presente che i bimbi con DSA sono spesso ansiosi, con una bassa autostima e ambiscono ad essere come, se non addirittura meglio, degli altri.Sono consapevoli delle loro difficoltà e più si sentono sotto pressione, stanchi, demotivati, annoiati maggiori sono le probabilità che reagiscano male. Pensate a come ci comportiamo noi adulti quando siamo obbligati ad ascoltare, per ore di fila, qualcuno che parla di cose che non ci interessano o, peggio, che capiamo con fatica. L'unica differenza, forse, è che noi abbiamo un maggiore capacità di autoregolazione del comportamento.

Cosa fondamentale che è quasi superfluo sottolineare, è che non vanno umiliati né demotivati ma capiti. Ricordate che difficilmente i bambini con DSA comprendono le battute, pertanto è possibile che delle frasi dette per sdrammatizzare o per ridere, possano essere interpretate nel modo sbagliato. Sono, inoltre, bambini con una sensibilità maggiore rispetto alla norma e questo aspetto può essere sfruttato come punto di forza.   Non vanno, quindi, compatiti ma sostenuti. Considerate, e questo è emerso dal racconto di tutte le persone con cui mi sono confrontata, che i ragazzini DSA studiano il triplo dei coetanei. Tolgono tempo e spazio allo sport e alle relazioni sociali, aspetti molto importanti sempre e per chiunque pertanto , a lungo andare, potrebbero odiare la scuola. Molti di quelli di cui mi hanno parlato, hanno delle grandi ambizioni nella vita e sono consapevoli dello sforzo che devono fare per raggiungere l'obiettivo ma a volte non ce la fanno perché sono davvero sfiniti.
 

Spesso i DSA hanno in comorbidità aspetti di  ADHD quindi non vanno ripresi costantemente con delle note o richiamati all'attenzione con frasi del tipo "sei sempre distratto!" . Il lavoro deve essere incentrato sulla metacognizione ,sull'autoregolazione e sul rispetto delle regole.Devono essere insegnate strategie per riportare l'attenzione al compito .

Le verifiche con un sfilza infinita di domande e risposte non sono adatte ai bambini con disturbo specifico, non per il contenuto ma per la quantità. Ci sono varie strategie da adottare se non si vuole differenziare la prova,o si dimezzano le domande o si aumenta, proporzionalmente, il tempo per la compilazione. In ogni caso è impensabile che un bambino con dislessia o altre specificità., possa leggere, capire e mantenere l'attenzione su compiti tanto corposi. Essi vanno suddivisi, spiegati e letti. Le strategie possono essere di due tipi: leggo per tutti, una domanda alla volta passando alla successiva quando hanno finito di rispondere (stabilisco un tempo X entro cui devono farlo prima che si passi alla successiva) oppure leggo solo per lui.
Se le verifiche sono insufficienti bisogna dare la possibilità di recuperare attraverso l'orale. Ci sono bimbi che hanno serie difficoltà con le verifiche scritte di storia, geografia, scienze, tecnologia ecc...in quel caso si può tranquillamente sostituire lo scritto con l'orale Esempio, mentre la classe fa la verifica scritta i bimbi con DSA possono essere interrogati. Il risultato non cambia, ossia le competenze vengono comunque misurate ma con modalità congeniali al bambino.
Potrebbe essere utile dare a casa le domande su cui verrà interrogato o su cui verterà la verifica affinché possa studiare in modo mirato.


Sin dalla scuola primaria è necessario sensibilizzare la classe ai diversi funzionamenti cognitivi, la fatto che ci sono alunni che apprendono in modo diverso e hanno bisogno d strategie e strumenti diversi. Ricordate comunque che quanto viene suggerito per i DSA è utilissimo  a tutti 

I bimbi che presentano difficoltà nella comprensione vanno aiutati con esempi, con il supporto delle immagini. Alla scuola primaria bisogna allenarli a lavorare sugli indici testuali, sul fare ipotesi, sul non studiare a memoria stando ancorati al testo, ma sul capire attraverso ciò che c'è nella pagina. 
Bisogna insegnare loro a fare le mappe non a dargliene di preconfezionate. Il bambino deve imparare a diventare autonomo nel costruirsi il suo percorso., Non bisogna delegare questo compito alle famiglie ma bisogna spendere qualche lezione nello spiegare a tutti che cosa sono le mappe e come si fanno, il che non significa che l'insegnante ne disegna di complicatissime alla lavagna e gli altri copiano, ma si spiega la metodologia per costruirle. Lavori utili, in tal senso, sono quelli in gruppi eterogenei, dove i ragazzi costruiscono mappe condividendo le loro idee.Molto utile è anche far sottolineare, soprattutto nelle scuole del I grado , i concetti fondamentali , utili da studicchiare. Fate però attenzione che alcuni bambini necessitano di essere guidati in questo genere di lavoro.

Per allenarli alla composizione dei testi è senza dubbio indispensabile leggere ma un dislessico fatica in questo quindi bisogna trovare delle alternative. Se do dei libri di Harry Potter da leggere entro un mese, suggerirò alla famiglia di cercare o quelli scritti con il corpo 16 o, meglio, gli audio-libri. Infine se agli altri concedo un mese di tempo (a parer mio poco, considerando che non hanno solo quello da fare!) ai ragazzini con DSA concederò il doppio. 9 volte su 10 non legge il bambino ma l'adulto  quindi la famiglia deve avere anche il tempo per svolgere questo genere di attività. 
Infine quando si lavora sul testo è importante fornire delle tracce, delle mappe che lo aiutino a organizzare i pensieri.Idem per la comprensione dei problemi. Il problema va concretizzato il più possibile,va smembrato in piccole parti. Va letto, spiegato con parole semplici. Il bambino va seguito passo passo nella risoluzione e gli devono essere concessi l'uso di calcolatrice e formulari.

Spero che quanto emerso vi sia utile perché non esiste "una ricetta" valida per tutti i DSA/BES ma ognuno di noi deve adattare il proprio metodo al bambino che ha davanti,  questa è la cosa più complicata!

sabato 27 febbraio 2016

consigli per le famiglie che hanno bimbi in 1^ e 2^ primaria

Mi capita spesso di sentire o leggere di famiglie preoccupate per le difficoltà di apprendimento di figli frequentanti la 1^ o la 2^ primaria pertanto è doveroso che mi soffermi a specificare alcune cose.

Innanzitutto difficoltà di apprendimento non significa necessariamente disturbo.
La difficoltà può essere temporanea e risolversi in seguito ad adeguato esercizio. Ciò significa che di fronte a una difficoltà bisogna mettere in atto , prima di tutto, l'osservazione. Bisogna osservare se c'è una comorbilità di problematiche, ad esempio nell'acquisizione del concetto numerico, della capacità di scrittura, dell'orientamento, della manualità, del linguaggio...Tutti aspetti che se compaiono singolarmente possono non esser significativi, se appaiono insieme devono destare un po' più di attenzione. Anche in questo caso, però, non è detto che si sia di fronte a un disturbo.

Altro aspetto molto importante da tenere presente è che per acquisire gli automatismi di lettura e scrittura ci vogliono almeno due anni, ossia non prima della fine della 2^ e 3 per il calcolo-. Questo significa che un bambino che in prima elementare commette certi errori, soprattutto legati alla direzionalità di lettere e numeri, rientra perfettamente nella norma. Diverso è se manifesta, contemporaneamente, difficoltà nella gestione dello spazio, nella copiatura dalla lavagna. Se dopo avergli spiegato come va eseguito un esercizio appare spaesato, se nonostante l'allenamento continua a commettere la stessa quantità di errori e se l'errore di scrittura di una parola cambia,  ad esempio se una volta scrive acua, l'altra aqua, l'altra ancora acuqa...allora bisogna iniziare a fare attenzione.

La cosa da fare appena il bambino presenta delle difficoltà,quindi,  è quello di potenziare e recuperare attraverso l'esercizio, Esso deve essere mirato, e deve riguardare diversi aspetti, dall'ascolto, all'attenzione, alla grafia...Se dopo questo potenziamento l'errore persiste allora bisogna rizzare le antenne.

In ogni caso in 1^ nessuno rilascerà mai una diagnosi di DSA , per potersi muovere bisognerà attendere almeno il  2^ quadrimestre del 2^ anno e dopo adeguato recupero.

Pertanto la cosa fondamentale che suggerisco alle famiglie è di non farsi prendere dall'ansia benché comprenda che non sia affatto semplice,  e di documentarsi su quali sono gli errori ortografici che indicano dei campanelli di allarme, quali i segnali predittivi di un DSA osservabili sin dalla scuola dell'infanzia ( la difficoltà del linguaggio è quello più importante ed evidente) . A quel punto, arrivati alla fine della 2^, potrete contattare l'asl e consegnare l'allegato 2 della dgr 16 (la scheda collaborazione scuola/famiglia) e attendere che vengano fatte indagini approfondite. In ogni caso non fatevi prendere dallo sconforto e continuate a insegnare le strategie migliori per imparare osservando qual è lo stile di apprendimento di vostro figlio (visivo? Uditivo? Prassico?....)

martedì 30 giugno 2015

CAMPUS DISLESSIA PER RAGAZZI A QUARONA (VC)


Ricevo da Costanza Di Gaetano e pubblico questa interessantissima iniziativa, utile a tutti i ragazzi che hanno un DSA. I campus sono senza dubbio utili per dare loro strumenti in grado di farli procedere con una certa autonomia negli studi