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ALCUNE INFORMAZIONI SU DI ME

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Torino , Italy
Da 13 anni sono referente per la dislessia, da 3 Funzione Strumentale per l'inclusione del mio istituto. Insegno da 26 anni nella scuola primaria. Dal 2019 collaboro con l'associazione O.S.D a.p.s ( Organizzazione a Sostegno dei Disturbi dell'età evolutiva) come referente per il Piemonte e la Valle d'Aosta ( osdpiemonte@gmail.com ) Sono autrice della favola "Lucertolina e Mirtillina" del libro per bambini sui DSA "Abracadabra Lucertolina". Alcune mie favole sono state pubblicate in altri due libri per bambini editi dalla casa editrice Mammeonline; curo il forum D.S.A su un sito per mamme;ho relazionato ad incontri e convegni sui disturbi specifici dell'apprendimento. Ho presentato il libro sui D.S.A, di cui sono coautrice, al Salone del Libro di Torino. Ho conseguito la specializzazione polivalente presso l'Istituto G Toniolo di Torino, con il massimo dei voti.

domenica 21 luglio 2019

Riflessioni sull'articolo apparso su un quotidiano del 20/7/2019: "mio figlio, dislessico trascurato"

Su un quotidiano  del 20/7/2019 è apparso un articolo dal titolo "mio figlio dislessico trascurato "  esso racconta di una mamma che lamenta come il figlio  liceale, con un DSA, in 5 anni abbia cambiato 5 insegnanti di sostegno! Personalmente vorrei sapere qual è quell' ASL che assegna una 104 a un ragazzo dislessico! Nonostante siano passati quasi 10 anni dalla L.170, c'è ancora molta confusione! Si mescolano spesso i due BES continuando ad alimentare quei pregiudizi che proprio la legge voleva eliminare.
 La 170 è stata fortemente voluta anche per creare uniformità sul territorio nazionale. Prima del 2010 c'era un vero e proprio Far West: ASL che concedevano il docente di sostegno ad alunni con DSA e ASL che non lo facevano nemmeno di fronte a un grado severo. Avveniva addirittura all'interno di una stessa azienda sanitaria ma in sedi diverse. Il messaggio che si è voluto mandare con la legge è che avendo le persone con DSA un QI nella norma e non presentando deficit fisici non necessitano di un docente per loro. Ribadisce, poi, e a gran voce, che il successo formativo di un alunno con un particolare neurofunzionamento, è dovuto esclusivamente a una buona didattica e a un buon docente. L'attenzione, a parer mio, dovrebbe invece essere posta sul numero di alunni per classe. Alcune scuole del II grado possono arrivare addirittura a 33 allievi per sezione, i numeri delle classi di ordine inferiore si discostano di poco. Considerando che ognuno apprende in modo unico, la didattica dovrebbe essere personalizzata per 30 persone...Beh,con questi numeri è umanamente impossibile. È palese che quantità  inferiori, seppur a vantaggio di ogni singolo alunno e di ogni singolo docente, comporterebbero un onere non indifferente per lo Stato !
Tornando alla confusione ancora persistente, io stessa ho sentito più volte parlare di ragazzini con una disabilità psicofisica come alunni che potevano presentare anche un DSA. Spesso erano genitori che avanzano questa ipotesi, oppure docenti alle primissime armi .  Spiegato che un B E S esclude l'altro mi sono comunque resa conto che la strada affinché tutti comprendano cosa siano i DSA è ancora molto lunga .

( Articolo tratto da un mio intervento sul gruppo O.S.D a.p.s)

sabato 20 luglio 2019

Mappe e pregiudizi

Questione annosa: l'uso delle mappe!
Spesso mi chiedono indicazioni sul dove reperirle; c'è anche chi le vende!
In realtà le mappe sono un metodo, uno dei tanti e non solo uno strumento concesso e previsto per gli studenti con DSA.
Le mappe,  inoltre,  non sono utili a chiunque,  ad esempio,  chi ha problemi di tipo visuo spaziale può trovare difficoltà nell'usarle; chi ha un funzionamento cognitivo più di tipo uditivo può trovarle non così indispensabili.  Sicuramente possono risultare utili per chi ha un funzionamento  visivo.
Essendo un metodo di studio va insegnato, non improvvisato o lasciato al caso. Va insegnato a TUTTI,  in aula,  come parte integrante della lezione,  come primo passo dell'apprendimento.  È un metodo che,  comunque,  aiuta a riflettere per trovare connessioni tra le varie parti del testo o gli argomenti di un capitolo; induce a ragionare sulla causa/effetto. Si parte leggendo il testo del quale sarà necessario estrapolare le parti importanti,  di queste bisognerà tirare fuori il concetto o la parola chiave. I vari concetti vanno poi collegati tra loro secondo un nesso logico.  La mappa è un po' come una cartina stradale che, guarda caso, si chiama proprio "mappa stradale " . Percorrendola è possibile ricostruire il percorso del contenuto studiato e permette di farlo secondo un certo ordine.
Le mappe spaventano molti insegnanti.  Pochi insegnano a TUTTI ad usarle; molti hanno paura che chi non ha un BES le usi; diversi sono titubanti nel farle usare ai ragazzi con BES; altri ancora non fanno nulla per incentivare i ragazzi con BES ad usarle.
Certamente esiste un preconcetto radicato in molti secondo i quali la mappa è una facilitazione e non un metodo.  Non rare sono affermazioni del tipo " se faccio usare le mappe durante la verifica non so quanto abbiano studiato davvero " queste persone probabilmente non hanno ben chiaro di come funzionino l'apprendimento e le mappe.  Se non studio non so orientarmi sulla mappa; se non studio non so argomentare pur avendo sotto agli occhi parole chiave. Inoltre, molti alunni della classe non sentiranno nemmeno il bisogno di utilizzarla perché,  come ho già spiegato,  può non rientrare nel loro stile di apprendimento.  Però quel concederle a tutti permette di aiutare chi ne ha davvero bisogno.  Riservandole "solo a chi ha una certificazione " non si fa inclusione ma si tenderà ad emarginare chi si sentirà,  per forza di cose discriminato.  Questo accade soprattutto in adolescenza dove "sentirsi omologati ai pari" dá sicurezza, aiuta a confondersi nel gruppo e a tenere lontani i giudizi che,  a questa età,  pesano come macigni. Ci sono adolescenti con BES che preferiscono la bocciatura all'uso degli strumenti,  alla paura di essere considerati "diversi " dai compagni.  È qui che entra in gioco il ruolo educativo ed inclusivo dell'adulto,  dove,  l'adulto,  è rappresentato dal corpo docente.  Dare pari opportunità a tutti fa sì che si prenda coscienza delle peculiarità individuali.  Sta alla scuola lavorare sulle differenze,  sta ai docenti includere.
Mi hanno raccontato di un ragazzo che non voleva usare le mappe nonostante avesse imparato a costruirle  bene. C'era una disciplina per lui piuttosto complessa dove,  nonostante l'impegno,  non raggiungeva la sufficienza.  I risultati,  invece, erano evidenti quando ripeteva la lezione con la mappa davanti.  Verso la fine dell'anno si era deciso ad usarle ma non davanti ai compagni.  Chiese al docente di interrogarlo lontano dagli occhi giudicanti degli amici,  durante l'ora buca.  Gli fu risposto di no! Peccato! Peccato per la grande occasione persa di far capire a quel ragazzo che con le mappe sarebbe stato capace di raggiungere la sufficienza; occasione persa per aiutarlo a capire cosa non andasse nel suo metodo di studio. Il ragazzo continuerà a non usare le mappe e gli strumenti in classe! La scuola ha perso una grande occasione per fare inclusione e continuerà a tenersi le proprie paure.

Il docente è uno specialista?

Una mamma mi ha raccontato di aver chiesto alla docente del figlio come potesse aiutarlo nel migliorare lo studio in quelle specifiche materie. Era la fine dell'anno e il ragazzo aveva raggiunto a fatica la sufficienza nonostante il costante impegno,  prova evidente che qualcosa non funzionava.
La risposta è stata "non sono io lo specialista (del D.S.A ndr)" così il genitore ha dovuto contattare uno specialista che aiutasse il figlio!
Il docente,  in realtà,  ignora il fatto che chi insegna non solo è specialista della propria disciplina di cui conosce contenuti ma lo è,  o meglio, dovrebbe esserlo, anche della didattica.  È il docente che sa come trasmettere quei contenuti, come personalizzare la sua lezione.  Da una ventina di anni a questa parte, ossia da quando l'acronimo D.S.A è entrato quasi prepotentemente nelle nostre scuole, il docente non ha scuse, dovrebbe essere anche specialista della didattica speciale.  Inoltre,  con la legge 107 che impone la formazione per il personale docente,  non è più così difficile formarsi. Infine la rete stessa abbonda di materiale sull'argomento,  pertanto un docente che afferma di non essere lui lo specialista è un docente che svaluta se stesso! Uno specialista esterno potrà aiutare il ragazzo ad affinare alcune tecniche ma non potrà mai sostituirsi all'insegnante perché non è in aula e la classe è un ambiente unico e particolare che non si può riprodurre altrove.  L'insegnante non può sostituirsi allo specialista come quest'ultimo non può sostituirsi all'insegnante.  Ognuno ha il proprio ruolo, le proprie competenze.
Cosa avrebbe dovuto rispondere, dunque, quel docente? Avrebbe dovuto appellarsi alla sua ventennale esperienza, pensare al suo comportamento con gli alunni in difficoltà, il metodo usato, i risultati ottenuti. Avrebbe dovuto proporre strategie aggiungendo un "proviamo " perché in campo educativo non esiste  la regola esatta applicabile a chiunque,  ognuno è diverso e apprende con modalità proprie,  ma bisogna tentare, bisogna avere cura dell'alunno e della sua famiglia! Un docente che risponde "proviamo " è un docente che fa sentire accolta la famiglia, quest'ultima non avrà alcuna ragione di andare contro chi la prende per mano e cammina con lei

venerdì 19 luglio 2019

SONO TORNATA: COME POSSO AIUTARE?

Mi scuso con tutti per questa lunga assenza ma il lavoro mi ha assorbita completamente! Da 3 anni  mi occupo di tutti i  Bisogni Educativi Speciali  (disabilità compresa) di tutti gli ordini di scuola del mio istituto, coordino il GLI e devo gestire moltissime cose  (oltre il lavoro in aula e la mia famiglia 😉) . In questi 3 anni,  nel mio istituto, abbiamo realizzato molte cose che hanno permesso di migliorare l'inclusione;   piccole cose,  molto importanti per noi, dalle quali abbiamo tratto una piacevole soddisfazione.  Il tutto è stato reso possibile anche a un ottimo lavoro di squadra,  non solo con i componenti del GLI ma anche con la segreteria,  la dirigenza, le famiglie e gli enti/associazioni esterni.

Tornando ho trovato in archivio molti vostri interventi in attesa di approvazione, quelli che possono ancora essere attuali li ho pubblicati. In quanto agli altri mi scuso per le risposte che si sono fatte attendere così a lungo.

Sui DSA è stato scritto molto, pertanto desidererei che i prossimi articoli prendessero spunto dai vostri suggerimenti.
Di cosa volete si parli?
Avete dubbi, curiosità?
Per riprendere le parole di un noto medico di una recente serie TV,  "Come posso aiutare?"